Quest’oggi ti portiamo in Egitto a curiosare, contornati dagli addetti ai lavori di mezzo mondo, ad approfondire la sensazionale novità che da pochi giorni tiene banco su tutti i rotocalchi.
Associare le parole Egitto e scoperta fa di per sé socchiudere gli occhi per volare lontano, verso mondi fiabeschi antichissimi, le cui civiltà sorprendono quanto a organizzazione politica, amministrativa e culturale da far talvolta arrossire realtà odierne.
Si chiama Aten la città riportata alla luce in Egitto, risalente al regno di Ahmenhotep III, la cui notizia del ritrovamento è stata rilanciata sulla stampa proprio in questi giorni.
Per completezza di informazione, va detto che l’individuazione del sito è avvenuta diversi mesi fa, benché da moltissimo tempo, schiere di archeologi abbiano in vano tentato di definirne l’esatta posizione.
Parimenti va sottolineato come i lavori siano partiti già nel settembre scorso per arrivare in questi giorni ad avere la maggior parte della città quasi totalmente riportata alla luce.
Si gioca dunque sul filo delle parole perché riportata alla luce e scoperta hanno un significato profondamente diverso e non solo sul piano lessicale ma anche e soprattutto sul piano del sensazionalismo.
Atteggiamento quest’ultimo che ben vediamo cucito addosso a colui che è indicato come l’artefice di questa scoperta, l’archeologo egiziano Zahi Hawass, vera e propria star internazionale nel campo che ha dichiarato di essere arrivato a questa sensazionale scoperta cercando invece il tempio funerario di Tutankhamon.
Un pizzico di fortuna dunque ci vuole e questa volta crediamo sia stata molto più di un pizzico e benvenga.
Con un comprensibile moto d’orgoglio, Zahi Hawass ha presentato la città d’oro perduta al mondo con queste parole:
Molte missioni straniere hanno cercato questa città e non l’hanno mai trovata. Abbiamo cominciato il nostro lavoro cercando il tempio funerario di Tutankhamon
Fino a questo momento il riferimento aureo non sembra aver trovato riscontro negli scavi poiché del prezioso materiale non c’è stato il ritrovamento sperato in termini ovviamente di quantità ma se non è tutto oro quello che riluce è vero anche il contrario.
Un’altro mistero d’Egitto dunque ma questa volta sembra essere puramente di carattere etico poiché ha tanto l’aria di essere una presentazione al mondo un po’ pilotata affinché la visibilità, con conseguente tornaconto in termini di turismo possa giovare all’economia nazionale che, non è il nostro campo ma senz’altro non avrà probabilmente solidità diversa rispetto al resto del pianeta, visto il clima di incertezza globale.
Tutto sommato non è una manovra così deprecabile, vogliamo pensare che il voler dare visibilità alla cultura è pur sempre un affare che valga la pena essere portato avanti, non proprio a tutti i costi ma certamente con qualche astuzia in più al passo con i tempi.
Ed ecco che la città più grande che sia mai stata rinvenuta e indicata quale ritrovamento più importante dopo la tomba di Tutankhamon, prende subito il nome di città d’oro perduta, affinché forse evochi la sua magnificenza anche nel nome, come un abbaglio, sensazione che magari gli archeologi vorrebbero trasmettere agli appassionati del settore, per meglio far comprendere cosa si prova nell’esatto momento in cui si ha la certezza di avere sotto i piedi qualcosa di straordinario che deve essere solo tirato fuori.
In Egitto, la città d’oro perduta torna alla luce, lasciando dietro di sé qualche mistero
Da qualche giorno la città d’oro perduta in Egitto è realtà con tanto di ballo delle debuttanti per la presentazione in società.
La descrizione del sito rinvenuto in Egitto che più c’è piaciuta, è il racconto del ritrovamento, quasi totalmente integro, di un panificio del quale sono riemersi gli antichi forni e tutto il vasellame in ceramica pertinente allo svolgimento dell’attività.
Visione questa, nell’immaginario comune che suscita un’idea di continuità tra noi, cittadini del mondo di oggi e gli antichi egizi che nella città d’oro perduta, 3500 anni fa come oggi, saranno entrati nella panetteria a due passi da Luxor e dalla Valle dei Re, forse esattamente con gli stessi nostri pensieri e facendo anche gli stessi gesti.
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Sarà questo il mistero dei misteri d’Egitto? La fisarmonica del tempo che ci porta a volte così vicino a volte così lontano?