Fabrizio Moro, classe 1975, un’adolescenza nella periferia di Roma, che inizia nel quartiere di San Basilio, dove da subito il confronto con la vita, quella vera che si presenta senza fronzoli e già con il conto scritto prima ancora di poter dire o fare qualsiasisi cosa, lo coinvolge e travolge.
Per sua stessa ammissione, Fabrizio Moro, non ha avuto paura di rivelare, una volta raggiunto un consolidato successo, che dai 18 ai 27 anni è stato irretito e soggiogato dal peggiore e subdolo degli aguzzini: la droga.
Fabrizio Moro e l’adolescenza in periferia
Un incontro che a certe latitudini non devi neanche cercare, ce l’ hai a portata di mano, ci sbatti proprio contro se non sei svelto a schivarlo e magari neanche basta.
In qualche intervista Fabrizio Moro descrive quelle circostanze e quelle situazioni come un tunnel, stretto e lungo dove la luce a volte neanche si intravede; per lui la salvezza si è presentata travestita da passione, quella per la musica e una vecchia chitarra trovata per caso in cantina e a cui mancavano due corde ma poco importava, soffiata via la polvere rimaneva il sogno, quello da inseguire sulla via che lo avrebbe portato dritto dritto verso la libertà.
Fabrizio Moro è tutto questo e qualche giorno fa, Venerdi 20 novembre, è uscito con un nuovo album Canzoni d’amore nascoste, presentato in radio dal singolo Melodia di giugno, il cui videoclip vede lo stesso Moro cimentarsi per la seconda volta nel ruolo di regista con Alessio De Leonardis.
Per gli appassionati non manca la versione in vinile autografata, in tiratura limitata e numerata, acquistabile solo nello shop ufficiale e non on line, corredata da una riproduzione del manoscritto originale del brano Nun c’ho niente.
Un album che nasce dal passato con due soli inediti e nove brani già presentati al pubblico ma che il cantante e compositore romano ha voluto fortemente riproporre in una versione più matura, poiché secondo Lui, quelle canzoni, riarrangiate nella consapevolezza della maturità personale ed artistica, hanno qualcosa in più da dire, con toni musicali e non, decisamente diversi.
Un modo per raccontare di sé e partecipare al suo numeroso pubblico, come è cambiato in questi anni Fabrizio Moro, pur rimanendo in fondo quel ragazzo di San Basilio che aiutava suo padre nell’officina abusiva aperta nel garage sotto al palazzo.
Lo fa attraverso le canzoni di cui scrive anche i testi perché Fabrizio Moro è un cantautore e la vita oltre che addosso gli scorre anche in punta di penna a biro; è così fin da piccolo quando racconta che amava poco giocare con i suoi coetanei e preferiva scrivere i suoi pensieri su pezzetti di carta che nascondeva poiché ancora era troppo piccolo per capire che delle emozioni non bisogna avere paura ma sono ancore di salvezza per sognare e farlo ad occhi aperti.
Fabrizio Moro un animo schivo che ama raccontarsi in musica
Un cantautore dalla personalità introversa Fabrizio Moro che dice di sé:Il lavoro per me è importantissimo, ma non riesco a rendere partecipe la persona che mi sta accanto. Non sono quello che scrive una canzone e corre a farla ascoltare alla fidanzata. Non sono quello che scende dal palco e le racconta le emozioni provate lassù
E in questo suo nuovo album c’è tutto, ricordi mediati dal tempo ormai trascorso che forse fanno meno male o forse ne fanno ancora di più.
Fabrizio Moro ci racconta di persone che prima c’erano nella sua vita e ora no, di decisioni prese allora e che oggi forse chissà.
Un album che assomiglia sempre di più ad una capsula del tempo, sepolta a beneficio dei posteri ormai vent’anni fa e riaperta dallo stesso autore che ne commenta in musica gli strascichi.
Interessante è riascoltare lo stesso brano nella versione del vecchio e del nuovo arrangiamento, similitudini acustiche parallele ma che ormai si lambiscono senza toccarsi perché i ricordi possono anche riaffiorare con una melodia o un profumo ma non sono più reali nella loro essenza.
Questo Fabrizio lo sa ma riesce a raccontarci ugualmente una storia bellissima fatta di arrangiamenti nuovi e sonorità ora arrabbiate ora malinconiche ora dolcissime, portandoci per mano ancora una volta nel suo mondo, esortandoci a guardarlo come sempre in penombra.