La missione archeologica attiva nella regione di Kasserine sta riportando in superficie un quadro sorprendente della produzione olearia dell’Africa romana. L’Università Ca’ Foscari di Venezia condivide la direzione dei lavori e guida una ricerca che sta offrendo nuovi elementi sulla gestione del territorio nel settore rurale dell’Impero. L’intera area corrisponde all’antica Cillium, un punto strategico della frontiera africana dove la presenza di grandi aziende agricole indica una rete produttiva organizzata e ben strutturata.
Perché Kasserine era decisiva per gli scambi dell’Impero
La Tunisia romana era uno dei centri principali per il rifornimento di olio verso Roma e le province occidentali. L’olio aveva un ruolo centrale, non solo in cucina, ma anche nella cura del corpo, nelle attività sportive, nell’igiene e nelle pratiche mediche. Era utile perfino come combustibile per le lampade. Una domanda così ampia richiedeva strutture efficienti e una manodopera in grado di sostenere cicli produttivi intensi. Gli scavi mostrano edifici distribuiti su vaste superfici, collegati da percorsi interni e dotati di sistemi idrici elaborati. Questo modello produttivo evidenzia una gestione attenta delle risorse e conferma l’importanza economica del territorio.
Henchir el Begar e il suo frantoio fuori scala

Il sito di Henchir el Begar è il cuore della missione. Identificato come il Saltus Beguensis, era una proprietà appartenuta al vir clarissimus Lucillius Africanus. La tenuta si estende per trentatré ettari e include due grandi settori con frantoi, cisterne, depositi e un bacino idrico pensato per stabilizzare la produzione. All’interno del complesso emerge un primato di forte impatto: il frantoio romano più grande della Tunisia e il secondo più vasto dell’intero Impero. Le sue dimensioni indicano un livello produttivo straordinario. I torcularia mostrano ambienti pensati per lavorazioni su larga scala, con spazi ampi e un’organizzazione che favoriva cicli di spremitura continui.
Le tecnologie moderne riaprono spazi sepolti
L’uso del georadar ha ampliato la lettura dell’intero complesso. Le rilevazioni hanno evidenziato abitazioni, vie interne e strutture produttive non ancora scavate. Questo materiale conferma che l’azienda agricola era organizzata come un vero villaggio rurale, con zone separate per la vita quotidiana e per il lavoro. La presenza di percorsi interni ben delineati suggerisce un sistema logistico efficiente, studiato per facilitare il movimento di merci e persone. Il quadro che emerge racconta di una comunità operativa, integrata e legata ai ritmi stagionali della produzione olearia.
La visione scientifica del team di Ca’ Foscari
Luigi Sperti, vicedirettore del Dipartimento di Studi Umanistici e direttore del Cesav, partecipa alla missione dal 2025 e rappresenta uno dei punti di riferimento scientifici del progetto. La sua analisi evidenzia come questa ricerca consenta di leggere in modo nuovo la gestione agraria e sociale delle regioni africane dell’Impero. Secondo Sperti, l’olio d’oliva era un prodotto essenziale nella vita romana e la scala produttiva documentata a Kasserine permette di comprendere meglio i meccanismi che garantivano un flusso costante verso le grandi città. Anche le qualità di olio meno pregiate avevano una funzione precisa, destinata soprattutto all’illuminazione. Le varietà migliori invece erano usate nella cucina e nella cura della persona.
Un percorso storico che copre secoli di attività
Le strutture individuate erano operative tra il III e il VI secolo d.C., periodo caratterizzato da cambiamenti politici e sociali. Nonostante questo, i frantoi continuarono a funzionare. Le modifiche architettoniche mostrano una capacità di adattamento che garantiva continuità produttiva. Le cisterne e il grande bacino dimostrano una gestione minuziosa dell’acqua, risorsa fondamentale in un ambiente caratterizzato da scarsa piovosità. I torcularia conservano tracce delle varie fasi della lavorazione e permettono di ricostruire il ritmo stagionale del lavoro, basato su una combinazione di manodopera locale e tecniche romane.
Un sito che parla anche al presente
Il valore del lavoro svolto a Kasserine va oltre la ricerca scientifica. Le strutture riportate alla luce rappresentano un patrimonio che può diventare un punto di forza per la comunità locale. Gli spazi possono essere integrati in percorsi culturali e attività di valorizzazione, contribuendo allo sviluppo del territorio. Le parole di Sperti insistono sull’importanza della collaborazione tra istituzioni locali e internazionali. Questa rete crea opportunità concrete per trasformare un sito archeologico in un polo capace di generare conoscenza e iniziative legate alla storia e alla cultura del Mediterraneo.
La frontiera africana come laboratorio di storia viva
Kasserine era un territorio di frontiera e questo aspetto influenzava i rapporti tra coloni veterani, comunità locali e amministratori romani. Ogni elemento emerso dagli scavi racconta una vita quotidiana fatta di scambi, adattamenti e attività agricole integrate. Le infrastrutture documentate mostrano come la politica imperiale e la gestione delle risorse fossero collegate. Le nuove scoperte ampliano la comprensione dell’economia agricola africana e offrono una prospettiva dinamica sulla storia del Mediterraneo tardo antico.
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