La pace di Aristofane, debutta per la prima volta il 9 giugno al Teatro greco di Siracusa, per la regia di Daniele Salvo. Protagonista dello spettacolo sarà l’attore Giuseppe Battiston.
Il regista Daniele Salvo ha scelto questo testo raramente rappresentato e poco conosciuto per metterne in evidenza gli aspetti più originali e visionari, fortemente legati alla nostra contemporaneità.
“Aristofane era il Tim Burton dell’antichità un visionario, imprevedibile e
pieno di trovate spiazzanti. Il testo ci parla dell’utopia del viaggio di un uomo che vola verso
l’Olimpo per liberare la pace rinchiusa in una grotta. Contiene concetti molto contemporanei. Gli
unici in grado di liberare la pace sono i contadini. È un po’ pasoliniano. Politici alla berlina e mondo
teatrale corrotto in cui Aristofane non si riconosceva”.
Questo è quanto dichiara il regista a proposito dell’opera del celebre commediografo dell’antichità. Lo spettacolo resterà in scena fino al 23 giugno.
La pace di Aristofane: la vicenda
L’opera è ambientata nel contesto della guerra del Peloponneso tra Sparta e Atene. Fu rappresentata alle Grandi Dionisie nel 421 a.C. e in quello stesso anno ci fu la pace di Nicia che sospese per sei anni le ostilità tra Sparta e Atene.
Il protagonista è il vecchio Trigeo, che sogna di volare sull’Olimpo per liberare Irene, la dea della Pace. Poiché non dispone di un destriero alato decide di arrivarci a cavallo di uno scarabeo stercorario e dà l’incarico ai suoi servi di nutrirlo con polpette di sterco.
Sarà un viaggio pieno di rischi, caratterizzato dalla tensione verso l’alto di Trigeo, spesso ostacolato dallo Scarafaggio attratto dall’olezzo della terra ferma.
Non appena Trigeo giunge a destinazione trova un Olimpo ormai svuotato perché gli dei sono sempre più disgustati dalla guerra.
E’ rimasto solo Polemos, che si può definire la caricatura del Dio della guerra, che divora polpette di poleis greche, schiacciate con un grosso mortaio. Ha inoltre rinunciato alla pace e ha sepolto Irene nelle profondità della terra. Polemos non trova più il pestello che dovrebbe essere impersonato da coloro che hanno voluto la guerra: Cleone l’ateniese e Bràsida lo spartano. Si viene a sapere che entrambi sono morti nella battaglia di Anfipoli.
Trigeo ritiene così il momento favorevole per liberare Irene e cerca di chiamare a raccolta il popolo di Atene. Solo dei contadini sembrano aver raccolto il suo appello e tutti insieme disseppelliscono la Pace rimuovendo il cumulo di pietre che coprivano la grotta e che metaforicamente rappresentano gli errori del genere umano.
Dalle viscere della terra riemerge così Irene con il ramo d’ulivo e la cornucopia, in braccio il piccolo Pluto (dio della ricchezza), simbolo delle ricchezze che si possono trarre dalla natura in tempo di pace, e si accompagna ad Opòra, l’Abbondanza, e a Teoria, la Festa.
Nella seconda parte Trigeo sposa Opora e la scena si chiude con il corteo nuziale. Gli sposi sono costretti a tornare a piedi perchè lo Scarabeo stercorario è stato promosso come destriero del cocchio di Zeus. Tutti sono felici tranne il mercante d’armi.
Ma mentre tutti festeggiano, sullo sfondo incombe ancora la guerra: l’uomo non imparerà nessuna lezione e rimarrà sempre violento e guerrafondaio.
Attraverso la comicità di Aristofane, il regista fa emergere un tema ancora attuale: fino a quando l’uomo sarà dominato dall’avidità e dalla smania di possesso, la Pace sarà sempre fittizia ed impossibile.
Per informazioni e prenotazioni visitare il sito https://www.indafondazione.org/