Il 23 maggio 1992, il giudice Giovanni Falcone perde la vita in un tragico attentato lungo l’autostrada tra Punta Raisi e Palermo. All’altezza dello svincolo autostradale di Strage di Capaci, un’esplosione devastante travolge la sua Fiat Croma blindata e le auto della scorta, causando la morte del giudice, di sua moglie Francesca Morvillo e degli agenti Rocco Di Cillo, Vito Schifani e Antonio Montinaro.
Il simbolo della lotta alla mafia
Giovanni Falcone, insieme a Paolo Borsellino, è stato il simbolo della lotta dello Stato contro la mafia. Il suo lavoro culmina nel maxi–processo del 1987, che porta alla condanna di 360 dei 475 imputati, mettendo in ginocchio i più importanti boss di Cosa Nostra.
Falcone, nato a Palermo nel 1939, entra in magistratura nel 1964. La svolta arriva nel 1980, quando Rocco Chinnici gli affida le indagini su Rosario Spatola, che coinvolgono anche le organizzazioni criminali statunitensi. Da quel momento, inizia una delle fasi più intense della lotta contro Cosa Nostra, con Falcone sempre in prima linea.
Strage di Capaci: Innovazioni e contrasti
Falcone è stato il primo a comprendere l’importanza delle indagini patrimoniali e bancarie per seguire i percorsi del denaro sporco, un’innovazione fondamentale nel contrasto alla mafia. Tuttavia, l’efficacia del suo lavoro ha creato un clima di isolamento politico e minacce, culminato nella tragica strage del 1992.
La memoria di Giovanni Falcone rimane un pilastro della giustizia e un esempio di coraggio per tutti. La sua dedizione alla lotta contro la mafia ha lasciato un’impronta indelebile nella storia italiana.
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