Hai presente quella sensazione?
Sali, sali, sali… e ti ritrovi nello stesso punto di prima. Ti sembra impossibile. Eppure, l’hai visto anche tu: le scale di Escher. Quelle che sfidano la gravità. Che sembrano create da un sogno lucido o da un errore nella matrice.
Ora immagina che esistano davvero. Non nei disegni, ma nel mondo reale.
Scale che non portano da nessuna parte

Si trovano sparse per il mondo: architetture impossibili, scale cieche, rampe che si annodano su sé stesse, strutture che sembrano uscite da un quadro ma sono fatte di cemento, ferro e pietra.
A Londra, nel Barbican Centre, esiste un passaggio sospeso che sembra condurre a un altro edificio… ma finisce nel vuoto.
A Napoli, nei Quartieri Spagnoli, una scala interna si stringe e gira su sé stessa fino a sparire in un muro. Nessuna porta. Nessun cartello. Solo il dubbio.
Perché l’architettura a volte mente?
Non sempre è un errore. A volte è una scelta. Un messaggio.
Ci sono scale progettate per confondere, come nei templi indiani, dove salire significa entrare in uno stato alterato.
Altre sono rimaste incompiute, e diventano simboli di qualcosa lasciato a metà. Di progetti abbandonati, sogni interrotti, ambizioni murate.
E poi ci sono quelle che non servono a nulla, ma esistono lo stesso. E sono arte.
Escher: l’artista che ha anticipato tutto
Maurits Cornelis Escher, olandese, classe 1898. Amava le strutture impossibili, le simmetrie ingannevoli, le prospettive che ti facevano perdere l’equilibrio.
I suoi disegni — come Relativity o Ascending and Descending — sono diventati icone della cultura pop.
Ma pochi sanno che si ispirava a luoghi reali, visitati in Italia, soprattutto a Ravello e in Sicilia.
Chiese con scale contorte, cortili con rampe multiple, terrazze che si guardano ma non si toccano.
Escher non inventava tutto. Deformava il reale.
Lo piegava alle domande che non sapeva ancora fare.
L’arte delle scale nella città contemporanea
Oggi, architetti e artisti urbani giocano con lo stesso concetto.
Le scale diventano installazioni.
C’è chi le costruisce sulle facciate, senza accesso.
Chi le disegna sui marciapiedi come illusioni ottiche.
Chi le appende alle pareti, in verticale, solo per sfidare lo sguardo.
Non portano da nessuna parte.
O forse sì: portano a guardare in modo diverso. A fermarsi. A farsi domande.
E tu?

Quante scale hai salito senza sapere perché?
Quante volte ti sei sentito in un disegno di Escher, nella vita di tutti i giorni?
Se ti è successo, raccontacelo.
E se conosci un luogo con una scala “impossibile”, lascia un commento.
Forse ci andremo anche noi, a cercare dove porta.
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