Cosa racconta davvero la lunga battaglia per l’“Atleta Vittorioso” e perché il ministro Giuli parla ora di compromesso?
C’è una statua, un corpo greco perfetto, un atleta in bronzo che sembra sul punto di asciugarsi dopo la vittoria. Ma da sessant’anni quell’atleta è anche un simbolo di lotta: tra chi lo ha trovato, chi lo ha trafugato e chi oggi lo custodisce. E poi c’è Fano, che da decenni aspetta.
Proprio da Fano, il 29 giugno 2025, arriva un segnale forte. Il ministro della Cultura Alessandro Giuli, ospite al Passaggi Festival per presentare il suo libro Antico presente, ha ribadito l’impegno del governo nel cercare una via d’uscita. «Tentiamo un compromesso», ha detto, «per restituire a Fano ciò che è di Fano».
La lunga odissea dell’Atleta Vittorioso
Era il 1964 quando dei pescatori fanesi, al largo di Pedaso, tirano su dalle reti una statua in bronzo. È uno di quei ritrovamenti da manuale: misterioso, improvviso, iconico. L’Atleta Vittorioso – attribuito al celebre scultore greco Lisippo – viene nascosto, venduto di contrabbando, e alla fine compare negli anni ’70 al Getty Museum di Los Angeles.
Da allora, è iniziata una delle dispute culturali più complesse d’Europa: sequestri, ricorsi, appelli, accuse incrociate tra Italia e Stati Uniti. Nel frattempo, il bronzo resta lì, in mostra in California. Come se nulla fosse.
Ma qualcosa si è mosso. E oggi, più che mai, potrebbe essere il momento decisivo.
Le sentenze sono italiane, ma il Getty non molla
Dopo decenni di contenziosi, l’Italia ha ottenuto una serie di vittorie legali. Nel 2018 e 2019, la Corte di Cassazione ha confermato l’ordine di confisca. Nel 2024, anche la Corte Europea dei Diritti dell’Uomo ha rigettato il ricorso del Getty, aprendo la strada a un’azione concreta.
Eppure la statua è ancora lì, oltre l’oceano. Perché? Perché il Getty continua a difendere il proprio possesso, sostenendo che l’opera sia stata acquistata legalmente e che provenisse da acque internazionali. La disputa, insomma, non è solo giudiziaria. È anche diplomatica, culturale, perfino filosofica.
Giuli parla di compromesso: cosa significa davvero?
La parola usata dal ministro Giuli non è casuale. “Compromesso” non vuol dire resa, ma apertura: forse una restituzione temporanea, forse un’esposizione congiunta, forse il ritorno in Italia sotto specifici accordi internazionali.
Il punto è che la restituzione dell’Atleta a Fano non è solo una questione legale: è un atto identitario. «Dal ministero – ha detto Giuli – non passa giorno senza che si lavori al caso Lisippo». Un modo per dire che la cultura, se presa sul serio, può essere anche una forma di diplomazia.
Fano si prepara a riabbracciarlo
Il sindaco di Fano, Luca Serfilippi, ha colto al volo il segnale. Giuli, in visita ufficiale, ha visitato i luoghi simbolo della città: San Francesco, la Pala del Perugino, il Teatro della Fortuna. Ma è il progetto futuro a interessare di più: la città sogna un museo dedicato, un luogo capace di accogliere il Lisippo come si accoglie un figlio perduto.
C’è già un’idea in campo, con un finanziamento possibile da oltre sei milioni di euro. Sarebbe una restituzione non solo materiale, ma anche morale.
E se non fosse nemmeno un Lisippo?
A complicare tutto, un dettaglio recente: alcuni studiosi hanno messo in dubbio l’attribuzione dell’opera al grande scultore greco. Potrebbe trattarsi, dicono, di una copia romana. Eppure, come ha ricordato Massimo Osanna, il punto non è tanto il nome inciso nel bronzo. Il punto è cosa rappresenta quella statua per l’Italia, per Fano, per il nostro rapporto con la bellezza e la storia.
Un atleta, mille significati
Il Lisippo – o la sua copia – non è solo una statua. È un corpo che parla del Mediterraneo, della Grecia, dell’Italia, del saccheggio e della memoria. È il simbolo di come l’arte possa unire e dividere, possa viaggiare e perdersi, ma anche tornare.
E tu? Cosa ne pensi di tutta questa vicenda? Pensi che il Getty debba restituire il bronzo a Fano, o che sia giusto esporlo dove può essere visto da milioni di persone ogni anno?
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