Claude Monet non voleva vederla. Diceva che Venezia era “troppo bella per essere dipinta”. Eppure, quando vi mise piede per la prima volta nel 1908, la città lagunare gli entrò dentro come un riflesso di luce sull’acqua. Ne rimase talmente affascinato da non riuscire a smettere di dipingerla. Quell’incontro tardivo tra il pittore francese e La Serenissima è oggi al centro della grande mostra “Monet and Venice”, inaugurata al Brooklyn Museum di New York e visitabile fino al 1° febbraio 2026.
La luce di Venezia negli occhi di Monet
Monet arrivò in città a 68 anni, in compagnia della seconda moglie Alice Hoschedé. Inizialmente ospite di Mary Hunter nel gotico Palazzo Barbaro, si trasferì poi al Grand Hotel Britannia, affacciato sul Canal Grande. In appena dieci settimane dipinse 37 tele che catturano l’essenza mutevole della laguna: la nebbia mattutina, le facciate di Palazzo Ducale che cambiano colore con il sole, la cupola di Santa Maria della Salute e il profilo sereno di San Giorgio Maggiore.
Era un periodo tardo della sua carriera, ma la sua pittura non mostrava segni di stanchezza. Al contrario, Venezia sembrava avergli ridato energia: “Ogni giorno la luce è diversa, ogni ora cambia il colore dell’acqua”, scrisse in una lettera. La città divenne per lui un laboratorio di riflessi e dissolvenze, dove l’architettura si confondeva con l’atmosfera.
Una mostra che racconta un ritorno spirituale

L’esposizione newyorkese riunisce oltre cento pezzi, tra dipinti, lettere, cartoline e materiali d’archivio che permettono di seguire il viaggio di Monet passo dopo passo. Le cartoline inviate da Alice alla figlia aggiungono una dimensione intima e domestica, ricordando che quella veneziana fu anche una parentesi di serenità coniugale.
Molte delle opere esposte non erano più state riunite dal 1912, anno della prima mostra dedicata ai dipinti veneziani di Monet alla Galerie Bernheim-Jeune di Parigi. Alcuni prestiti provengono da musei europei, altri da collezioni private raramente accessibili.
Curata da Lisa Small (Brooklyn Museum) e Melissa Buron (Victoria & Albert Museum di Londra), in collaborazione con il Fine Arts Museum di San Francisco, “Monet and Venice” si propone di restituire il contesto emotivo e artistico di quei due mesi di pura contemplazione.
Venezia come specchio dell’anima
A Venezia Monet non trovò solo una città da dipingere, ma un paesaggio interiore. Gli anni trascorsi a Giverny, con i giardini d’acqua e le ninfee, avevano già trasformato la sua pittura in un canto di luce. A Venezia quel canto si fece quasi silenzioso, come se l’artista avesse finalmente trovato un equilibrio tra sogno e realtà.
Le vedute veneziane non sono vedute topografiche, ma impressioni sospese tra acqua e cielo, dove il colore è pura vibrazione e la forma si dissolve nella nebbia. I toni rosa, viola e oro restituiscono l’atmosfera di un mondo che si sta sciogliendo davanti ai nostri occhi.
In questo senso, la mostra del Brooklyn Museum non è solo una celebrazione del passato, ma una riflessione sulla percezione stessa: su come l’arte riesca a catturare l’invisibile.
Monet e Venezia oggi

“Monet and Venice” è la prima grande esposizione negli Stati Uniti interamente dedicata ai paesaggi veneziani dell’artista. E arriva in un momento in cui la sua influenza è più viva che mai: fotografi, pittori digitali e registi continuano a cercare quella stessa luce liquida che lui seppe rendere eterna.
A oltre un secolo di distanza, Venezia continua a essere “troppo bella per essere dipinta”, ma forse è proprio questo che la rende immortale: la consapevolezza che ogni tentativo di rappresentarla è anche un atto d’amore.
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