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L’arte che nasce dalle ceneri: le piante del Vesuvio e della Terra dei Fuochi raccontano la loro storia

Un invito a ripensare il rapporto tra uomo e natura

Massimo 4 mesi fa Commenta! 4
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Le piante che crescono nei suoli vulcanici del Vesuvio e nelle terre ferite della Terra dei Fuochi diventano testimoni silenziosi della loro storia, raccontando il legame tra natura e inquinamento attraverso un processo artistico unico. Anaïs Tondeur, artista francese da sempre attenta all’interazione tra ecologia e immagine, presenta a Napoli la sua nuova mostra, un viaggio visivo e filosofico nel cuore di questi paesaggi estremi. L’esposizione verrà inaugurata domani alle 18 presso la Spot Home Gallery di Cristina Ferraiuolo e rimarrà aperta fino al 12 aprile.

Contenuti
Un’arte che cattura le tracce del tempoUn dialogo tra arte, filosofia ed ecologiaUn viaggio tra immagini, lettere e materiali di ricercaUn invito a ripensare il rapporto tra uomo e natura

Un’arte che cattura le tracce del tempo

Il progetto si basa sulla tecnica della fitografia, un metodo che permette di catturare l’impronta delle piante senza rimuoverle dal suolo. Tondeur sfrutta la luce del sole e una reazione chimica naturale per imprimere sulle superfici fotosensibili – carta o tessuti recuperati dalle discariche – l’eccesso di Fenolo, una molecola prodotta in abbondanza dalle piante che crescono su terreni contaminati. È un processo che unisce arte e scienza, creando immagini eteree e delicate, veri e propri ritratti vegetali che raccontano la resilienza della natura.

Questa ricerca si riallaccia a Chernobyl Herbarium, un precedente lavoro dell’artista dedicato alle piante cresciute nei territori contaminati dal disastro nucleare, ma in “Fiori di Fuoco” il focus si sposta sulle piante ruderali, quelle specie capaci di attecchire e sopravvivere nei luoghi più ostili.

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Pompei

Un dialogo tra arte, filosofia ed ecologia

La mostra è concepita come una sorta di corrispondenza tra l’artista, il filosofo ambientale Michael Marder e le piante stesse. “Già al tempo dei Romani alcune di queste specie venivano usate per curare l’uomo; oggi, invece, curano il suolo, aiutandolo a rigenerarsi dopo decenni di inquinamento”, spiegano gli organizzatori.

L’approccio interdisciplinare del progetto ha portato Tondeur a lavorare a stretto contatto con botanici, agronomi e archeobotanici, raccogliendo testimonianze direttamente sul campo. “Il mio obiettivo”, afferma l’artista, “è stato quello di intrecciare prospettive diverse, al di là della narrazione mediatica, per restituire una memoria di queste terre attraverso uno sguardo artistico e filosofico”.

Un viaggio tra immagini, lettere e materiali di ricerca

L’esposizione raccoglie oltre 50 opere, tra cui fotografie di piante carbonizzate ritrovate negli scavi di Pompei e fitografie di specie vegetali provenienti da nove località tra il Vesuviano e la Terra dei Fuochi. A completare il percorso, ci saranno installazioni, video e un diario di viaggio, che raccoglie le osservazioni dell’artista e degli studiosi coinvolti.

Un elemento suggestivo dell’esposizione è la presenza delle lettere scritte dal filosofo Michael Marder alle piante, testi intensi e poetici che riflettono sulla loro capacità di resistere e rigenerare il mondo che le circonda. Alcuni frammenti di queste lettere saranno esposti accanto alle immagini, creando un ponte tra la dimensione scientifica e quella emotiva.

Un invito a ripensare il rapporto tra uomo e natura

“Fiori di Fuoco – Testimoni delle ceneri” è molto più di una mostra: è un viaggio nella memoria del paesaggio, una riflessione sull’impatto umano sull’ambiente e sul potere rigenerativo della natura.

Attraverso il suo lavoro, Anaïs Tondeur invita il pubblico a osservare le piante non solo come elementi del paesaggio, ma come testimoni viventi della storia di un territorio e del suo futuro possibile.

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