Se la storia si scrive anche attraverso le immagini, Picasso è stato tra gli artisti più significativi del 900, non solo per il Cubismo, ma soprattutto perché ha dato volti e forme all’orrore che si è consumato a Guernica, nel 1937 durante la Guerra Civile spagnola.
Il mondo stava coltivando i mostri dei totalitarismi e la tragedia di Guernica ne costituì il tragico prologo. Fu il Vaso di Pandora che fu scoperchiato per anticipare gli orrori del Nazismo e del Fascismo, le morti della seconda guerra mondiale, le bombe su Hiroshima e Nagasaki.
L’impegno politico di Pablo Picasso comincia ufficialmente nel 1944 con la sua iscrizione al Partito Comunista e prosegue fino alla sua morte nel 1973, ma fu senza dubbio preceduto da Guernica nel 1937.
Picasso, la morte e gli ultimi della terra
Negli anni giovanili in Spagna, Picasso aveva frequentato Madrid e Barcellona, poi si era recato in Francia, a Parigi, era stato a contatto con gli artisti Bohemienne e le avanguardie, nel periodo Blu aveva rappresentato la malinconia e gli ultimi della Terra, nel periodo Rosa il mondo circense e dei saltimbanchi, ma con il Cubismo, ispirandosi anche alle arti africane e primitiviste e alle pitture parietali, volle reagire all’Impressionismo e al post-Impressionismo, andare oltre le emozioni di luce e colore, attraverso un nuovo studio e una nuova scomposizione della forma, alla ricerca di nuovi simboli con cui interpretare una realtà in continuo cambiamento.
Guernica infatti accoglie le istanze del Cubismo, perchè attraverso i molteplici punti di vista e la scomposizione delle forme, mette in luce la frantumazione dell’umanità e della civiltà del XX secolo. I simboli della realtà spagnola presenti nel quadro sono: il toro, che rappresenta la brutalità dell’essere umano poiché è raffigurato in aspetto predominante rispetto alla donna sulla sinistra con il neonato; il cavallo e la spada spezzata. Queste due ultime immagini rappresentano una società cavalleresca che si era battuta da sempre ad armi pari, era diventata ridicola ed anacronistica, ma è stata poi sconfitta da un vigliacco test di materiale bellico.
Un’opera in cui l’aspetto primitivo denuncia la crudeltà di un progresso che fa retrocedere l’umanità verso forme barbariche di crudeltà e bestialità.
Un po’ di storia: la Guerra civile spagnola
La società spagnola da tempo immobile e incancrenita dallo strapotere dei latifondisti, dei militari e dei cattolici, che riducevano i braccianti alla povertà e all’analfabetismo, cominciò a mostrare i primi segni di cambiamento con la Prima guerra mondiale, con gli industriali che alimentarono il conflitto con l’industria delle armi. Una volta cessata la Guerra, anche la borghesia industriale reclamava il suo posto nella società e la sua partecipazione politica. I Latifondisti volevano conservare il potere, i braccianti, i contadini e gli operai che fino a quel momento erano stati sopraffatti dalla povertà, chiedevano condizioni migliori. Anche l’esercito si lamentava dei bassi stipendi.
Nel 1917 il governo di Eduardo Iradier decise di accogliere le richieste dell’esercito aumentando gli stipendi. Gli industriali allora cominciarono ad appoggiare il governo con lo scopo di entrare a far parte della classe dirigente e la vita politica spagnola si polarizzava sempre di più. Ai militari, industriali, latifondisti, cattolici, monarchici, si contrapponevano infatti gli operai, i braccianti e i partiti di sinistra.
Nel 1918 aumentarono le rivolte degli operai e dei braccianti, in particolar modo in Andalusia e a Barcellona, così il re Alfonso XIII applicò una violenta politica di repressione degli scioperi e delle rivolte. La dittatura di estrema destra del generale Miguel Primo De Rivera che va dal 1923 al 1930 rientrò in questo programma di repressione degli scioperi promossi dai sindacati.
Le riforme di Primo De Rivera non contribuirono al progresso della Spagna e il dittatore venne abbandonato dagli stessi gruppi che l’avevano sostenuto. Nel 1930 fu costretto a rassegnare le dimissioni. Il re nominò il generale Berenguer che aveva il compito di imporre una monarchia costituzionale, ma fallì perché dovette affrontare il malcontento dei Partiti di Sinistra e dei Repubblicani.
Nel 1931 si giunse ad una breve svolta nella politica spagnola, poiché il 28 giugno i partiti di sinistra vinsero le elezioni, il re Alfonso XIII andò in esilio volontario e venne proclamata la Repubblica, guidata da Manuel Azana che cercò di attuare una politica di riforme attraverso la laicizzazione dello Stato e un’urgente riforma agraria per migliorare le condizioni di lavoro dei braccianti. Ma purtroppo il neonato stato repubblicano trovò una forte opposizione da parte dei nazionalisti e dei partiti cattolici tradizionalisti.
Nelle elezioni del 1933 vinsero i monarchici e i cattolici, con un cambio di governo noto come Biennio nero dal 1934 al 1935. Nell’agosto del 1935 intervenne l’U.R.S.S. che nell’ambito del Comintern stabilì la necessità di combattere contro il Fascismo in tutto il mondo.
I partiti di sinistra accolsero le direttive dell’Unione Sovietica e formarono il Frente popular che partecipò alle elezioni del 1936 e riuscì a vincere con il Repubblicano Caballero. A questo punto la situazione precipitò perché cominciò la guerra civile fra le frange armate di estrema destra e quelle armate di estrema sinistra. L’esercito prese in mano la situazione ed emerse Francisco Franco autore di un golpe che partì dal Marocco Spagnolo e si estese in tutta la Spagna. In quel momento le due forze contrapposte erano i Fascisti di Francisco Franco e i Repubblicani e comunisti appoggiati dall’Unione Sovietica.
L’Italia di Mussolini intervenne, in virtù delle pressioni che Galeazzo Ciano, Ministro degli esteri, fece sul duce, la Germania diede un discreto aiuto.
Gli intellettuali antifascisti italiani che costituirono il Battaglione Garibaldi, intervennero a favore della Repubblica, si attivarono inoltre George Orwell e Ernest Hemingway, il poeta spagnolo Garcia Lorca ritornò in patria per combattere a favore della Repubblica, ma incontrò la morte.
Nel corso della Guerra civile spagnola prevalsero le forze di Francisco Franco, maggiormente unite e compatte rispetto a quelle repubblicane, minacciate al loro interno dalla violenza e dalla forza distruttrice degli anarchici.
Il 1 aprile 1939, dopo il disastro di Guernica nel 1937 e dopo la presa di Madrid, la dittatura di Francisco Franco prese il potere fino al 1975.
Ancora prima di dipingere il suo capolavoro Guernica, simbolo della lotta contro la guerra, Picasso aveva denunciato la politica di Franco nel pamphlet Sogno e menzogna di Franco, che consisteva in due grandi fogli con 18 vignette antifranchiste.
Sono delle incisioni stampate da sinistra a destra, che si leggono da destra a sinistra, in cui l’artista ridicolizzò Franco, rappresentato come un mostro che distrugge la Spagna con tutti i suoi simboli. Alcune immagini ritorneranno poi in Guernica. Insieme a queste vignette, l’artista aggiungerà dei versi che esprimeranno la sua violenta posizione antifranchista:
«Fandango di civette salamoia di spade di polpi di malaugurio strofinaccio di peli di tonsure ritto nel centro di un tegame a coglioni nudi posto sul cono del gelato di merluzzo fritto nella rogna del suo cuore di bue la bocca piena della gelatina di cimici delle sue parole»
Successivamente le vignette saranno pubblicate sulla rivista parigina “Cahiers d’art” e saranno accompagnate da una poesia composta da Picasso sulla tragedia di Guernica.
26 aprile 1937, bombardamento di Guernica
Le forze dell’aviazione tedesca della Legione Condor e quelle dell’Aviazione italiana prepararono un bombardamento su Guernica dominata dalla presenza e dalla lotta dei Separatisti baschi. Durante il processo di Norimberga, Goring ammise che quello che accadde a Guernica fu la conseguenza di una sorta di test, di esercitazione bellica con cui i tedeschi volevano provare la forza delle loro bombe.
La popolazione civile fu colta di sorpresa. Dapprima si spaventò perché sentì il rumore degli aerei e andò a rifugiarsi nei bunker, poi pensando che si trattasse di una semplice esercitazione uscì di nuovo, ma i bombardamenti non cessarono e proseguirono anche nelle campagne.
Il mondo intero reagì con sgomento a questo violento bombardamento, ma fu Pablo Picasso a fermarne in maniera indelebile la memoria.
Egli stava lavorando per un’opera da esporre al Padiglione spagnolo dell’Esposizione universale di Parigi, ma non appena apprese la notizia del crudele bombardamento, decise di rappresentare la sua denuncia alla guerra. Sulla rivista “Ce soir”, vide le immagini in bianco e nero della terribile notizia e quello fu il suo punto di partenza. Il 1 maggio iniziò l’opera e la terminò a giugno. La sua compagna Dora Maar, documentò con la fotografia il processo creativo dell’artista.
La tela misurava quasi 8 metri, il colore era assente, poiché l’artista voleva sottolineare l’intensità drammatica della scena. Una lampada accesa al centro illumina la scena e si contrappone al lume a petrolio sorretto dalla mano della donna: un tragico conflitto tra antico e moderno che genera mostri e fa regredire la società. Si avverte la confusione tra esterno ed interno, poiché le bombe, in maniera selvaggia e indiscriminata, scoperchiarono le case, violentandone l’intimità. Si percepiscono inoltre drammatici effetti sonori, dati dal pianto della madre con il bambino morto sulla sinistra, dalle ultime parole del cavaliere con la spada spezzata, dalle grida delle tre donne che chiedono aiuto.
Tra le varie citazioni pittoriche, la critica ha osservato che Picasso si ispira a I mangiatori di patate di Van Gogh, per l’illuminazione artificiale posta al centro, mentre la gestualità dei personaggi si ispira a Fucilazione del 3 maggio 1808 di Francisco Goya, conservato al Museo del Prado di Madrid, del quale Picasso fu direttore dal 1936 al 1939.
Il quadro incontrò reazioni contrastanti, anche da parte dei Repubblicani e di amici e conoscenti di Picasso. In Italia invece fu accolto in chiave antifascista presso il gruppo artistico “Corrente”. Per Renato Guttuso, Picasso diventò un modello a cui ispirarsi per una pittura che faceva dell’impegno politica la sua ragion d’essere non solo in chiave estetica, ma anche e soprattutto in chiave etica.
Durante l’occupazione di Parigi, nel corso della Seconda Guerra Mondiale, Picasso rispose così ai nazisti tedeschi:
Maestro avete fatto voi questo orrore?
“non l’ho fatta io, l’avete fatto voi”.