Con San Giuseppe come fulcro, sono molte le trasposizioni iconografiche della paternità fino al massimo fulgore nel periodo Barocco, che ha certamente tratto parziale ispirazione dai modelli greci e romani ma che ha saputo anche presentare molti spunti nuovi.
In molte rappresentazioni della Natività in epoca medioevale, ma anche successivamente, San Giuseppe è rappresentato sempre seduto di lato, spesso addormentato, quindi di fatto estraneo alla scena principale composta come di consueto da Maria con Gesù.
L’esempio più famoso è quello di Giotto oppure nella rappresentazione pensieroso nei suoi dubbi su chi sia mai il padre del bambino – tra gli altri, Taddeo di Bartolo (1362-1422).
Anche nei casi in cui la figura di San Giuseppe è rappresentata più vicina alla scena principale, è comunque sempre dietro la Vergine Maria o di lato ma rimane lei a tenere il bambino in grembo per porgerlo ai pastori o per presentarlo all’adorazione dei Magi.
Solo in un’immagine di un Libro d’Ore francese risalente alla metà del XV secolo propone una Natività dove San Giuseppe tiene Gesù bambino in braccio ma nulla di più.
Ci vorrà molto tempo affinché nell’arte, San Giuseppe diventi un personaggio più attivo e protagonista della scena, come ad esempio nella Sacra famiglia con Caterina d’Alessandria di Lorenzo Lotto (1480-1556/57).
Per arrivare successivamente a vederlo prendere il bambino tra le braccia in diverse versioni della Santa famiglia di Paris Bordon (1500-1571) o, in quella di Bartolomé Esteban Murillo(1618-1682), fino poi addirittura a giocare con Gesù al centro della scena, con Maria che da qui , qualche volta si trova ad occupare una porzione laterale della scena.
Nel Tondo Doni di Michelangelo la critica indica il momento di passaggio di stile nella rappresentazione di San Giuseppe poiché sono entrambi a sostenerlo con le loro braccia.
A compiere poi l’ultimo passo evolutivo nella nuova rappresentazione di San Giuseppe, eliminando del tutto dalla scena Maria, è Guido Reni, con un piccolissimo bambino in fasce, e Francisco Herrera il Vecchio , che però raffigura un bambino Gesù già grandino.
Successivamente le rappresentazioni di San Giuseppe vedono Gesù, ormai fanciullo tenere in mano una candela mentre San Giuseppe è intento a svolgere il proprio lavoro di falegname; come qui non ricordare i famosi notturni di Gherardo delle Notti, che introduce nella scena anche due angeli e di Georges du Mesnil de La Tour.
Degna di nota in questo senso anche il San Giuseppe con bambino piccolo in un interno pieno di drappeggi di Juan Antonio de Frías Escalante.
La rappresentazione di San Giuseppe con il bambino trova la svolta con Guido Reni e dei suoi adepti
Il fautore dunque del nuovo modo di rappresentare San Giuseppe fu Guido Reni che di fatto crea una diversa l’iconografia della paternità diffondendola su grande scala grazie al successo dei dipinti con il suo personalissimo e diverso San Giuseppe con il bambino Gesù.
Di queste nuove rappresentazioni le più famose, attribuibili senza ombra di dubbio al maestro bolognese sono tre e si trovano a Milano, San Pietroburgo e Houston.
Sdoganata la nuova visione di San Giuseppe, dopo le rappresentazioni di Guido Reni, verranno molti altri pittori tra i quali il Battistello il quale rappresenta però un bambino più grandino abbracciato e stretto teneramente da San Giuseppe nelle due versioni che oggi si possono vedere a Venezia e Losanna.
Il Guercino anche ripropone lo schema alla Guido Reni, come del resto fanno anche e con varianti proprie, Simone Cantarini il Pesarese , Giovan Battista Piazzetta , Giovanni Battista Tiepolo e il figlio Gian Domenico Tiepolo.
L’origine nei modelli greci della paternità e il fulgore barocco
Originariamente le opere cristiane sulla paternità traevano forte spunto dai modelli più celebri dalla scultura greca e riproposti e quindi copiati dagli scultori romani.
Gli archetipi classici di riferimento in tal senso sono stati l’Hermes con Dioniso di Prassitele (400/395 – 326 a.C) conservato a Olimpia, che influenzò certamente il Sileno con Dionisio di Lisippo (390/385 – dopo il 306 a.C.) di cui ci restano diverse copie di epoca romana tra cui le più famose sono oggi conservate a Parigi, Monaco di Baviera e in Vaticano.
Tale schema avrà poi gran successo nel Barocco con Guido Reni, come già detto e che sembrò davvero ispirarsi nei tratti e negli atteggiamenti proprio alla statua di Lisippo, per altro riscoperta a Roma proprio a partire dal Cinquecento grazie a dei ritrovamenti archeologici delle copie di epoca romana.
Il tratto caratteristico messo in evidenza è il sentimento paterno, l’interazione affettiva fra padre e figlio, mediata da gesti di accudimento e di curiosità, intensificata da un intenso e tenero sguardo reciproco. Tanto da far pensare che Guido Reni avesse visto una di queste statue greco-romane.
Le paternità, greca e barocca, rappresentano in modo chiaro coloro che sono chiamati a prendersi cura in veste di genitore, del figlio di Dio. E pur nella differenza chiaramente enorme tra gli dei greci e il Dio cristiano, tali rappresentazioni della paternità sono artisticamente molto vicine tra esse sia nella forma che nel contenuto.
San Giuseppe e la Natività di Johann Carl Loth
Rispetto alla paternità greca però, quella cristiana diviene ormai simbolo di un mistero inaudito.
Questo San Giuseppe infatti, mette in evidenza la Paternità con la P maiuscola e il suo essere “segno del Padre” ovvero momento mistico dal quale, inoltre «
ogni paternità nei cieli e sulla terra prende nome» (Ef 3,15)
Questo aspetto così innovativo e profondo lo si percepire nell’opera artistica molto originale della Natività di Johann Carl Loth (1632-1698) chiamata anche Sacra Famiglia, tavola pittorica in cui la Vergine e San Giuseppe presentano Gesù al Padreterno”.
Nella scena la Vergine raffigurata ricurva sulla mangiatoia vuota e il bambino Gesù appena nato è tra le braccia di San Giuseppe ed è lui che lo presenta e offe al Padre come se ascoltasse il Padre eterno dicendogli:
ti affido mio Figlio che per mia volontà diventa tuo figlio d’adozione
ecco tuo Figlio fatto bambino nato da Maria, donami di essere, sulla terra, per questo bambino, segno della tua paternità divina
Questo è solo uno spunto dal quale puoi certamente partire per una ricerca più approfondita sul tema del quale certamente torneremo ad occuparci.