Santo Stefano, rappresenta per la cristianità un elemento molto importante poiché è lui il primo martire della storia ed in quanto tale è stato molto rappresentato nell’arte.
Diverse quindi le raffigurazioni di Santo Stefano nella storia dell’arte ma a tal proposito ti propongo un viaggio virtuale, a mio avviso molto interessante, circa l’evoluzione dell’iconografia del Santo e di conseguenza della sua rappresentazione artistica.
Sappiamo per certo che i capolavori artistici, di cui è popolata l’Italia, erano sovente frutto di commissioni ma non è altrettanto lampante di come le raffigurazioni dei Santi tutti, sia pittoriche o espresse in qualsiasi altra tecnica, fossero eseguite seguendo precisissimi dettami, proclamati direttamente dalla chiesa.
E’ così che, a seconda del periodo storico uno stesso Santo lo troviamo rappresentato con riferimenti caratterizzanti diversi, a volte anche profondamente.
Santo Stefano e le sue rappresentazioni nell’arte ce ne danno involontariamente e proprio quest’oggi uno spunto, poiché con facilità si può ripercorrere l’evoluzione della sua iconografia.
Punto fermo della nostra indagine è senz’altro il Concilio di Trento dal quale non è possibile prescindere se si vuole seriamente fare un discorso come quello che ti sto proponendo quest’oggi.
Correva l’anno 1545 quando presero il via gli imponenti lavori del XIX concilio ecumenico della Chiesa Cattolica, convocato in gran fretta come pronta reazione della Chiesa al dilagare in Europa della Riforma Protestante, che prese il nome di Concilio di Trento o Tridentino i cui lavori, intercalati da pause, furono dichiarati ultimati nell’anno 1563, arco di tempo che vide susseguirsi ben quattro pontificati.
Un momento certamente criticissimo quello che si trovò ad affrontare il Concilio di Trento ma che nei suoi lavori trovò il modo di affrontare, parimenti agli altri argomenti dibattuti, anche le modalità della rappresentazione delle figure ecclesiastiche.
Era ora di cambiare e da quella data furono totalmente rivisti e modificati i princìpi su cui si basa l’arte religiosa tutta.
Da notare come un argomento che superficialmente affrontato può sembrare di portata minore, sia stato invece dibattuto in un momento di riforma così importante come il Concilio di Trento.
Ma cosa significa nella realtà l’applicazione delle novità così introdotte lo possiamo vedere di fatto analizzando semplicemente le opere d’arte di argomento religioso datate prima e dopo il concilio.
Cosa è cambiato in Santo Stefano all’alba del Concilio di Trento
I principi su cui basa l’arte religiosa furono dunque stabiliti dal Concilio di Trento insieme ad altri tre punti disciplinanti altri aspetti della vita religiosa, questo a dimostrare la vitale importanza di una rappresentazione unica e univoca pur nella singola espressività dell’artista.
Prima della riforma Santo Stefano per via del suo martirio avvenuto tragicamente attraverso la lapidazione, il Santo veniva rappresentato con delle vere e proprie pietre, per lo più di aspetto tondeggiante, sul capo o sulle spalle, quasi sempre della dimensione di un uovo.
Dopo la riforma teli pietre sparirono letteralmente lasciando spazio a raffigurazioni meno legate alla rappresentazione per immagini dei particolari indicanti alcuni aspetti della vita dei Santi.
Uno stravolgimento e non da poco, se vogliamo, che rimodulò l‘arte religiosa a dettami più al passo con i tempi e che in qualche modo potessero essere più rappresentativi di quel cambiamento che la chiesa con il Concilio di Trento voleva sancire per se stessa e per i milioni di Cristiani Cattolici rimasti fedeli alla Chiesa di Roma senza perseguire i nuovi percorsi tracciati da Martin Lutero.