La storia del Tempietto del Bramante, edificato in uno dei giardini interni del Convento di San Pietro in Montorio al Gianicolo, inizia nel lontano 1472 quando, l’allora Papa Sisto IV della Rovere, constatando l’ormai stato di avanzato degrado, decise di mettere l’intera proprietà nella disponibilità del suo confessore Amadeo Menes Da Silva, frate Francescano, affinché ne riqualificasse la struttura con possibilità di ampliamenti sull’ampio terreno circostante, al fine di ospitare con più agio la comunità religiosa dei Frati Minori da Lui presieduta e oggetto proprio in quel periodo di riforma interna.
Gli annali riportano come Ferdinando e Isabella d’Aragona, monarchi cattolici di Spagna, quale ex voto per l’intercessione avuta con la nascita dell’erede maschio, per le opere di riqualificazione e ristrutturazione dell’area in questione, abbiano donato la favolosa cifra, per quei tempi, di duemila fiorini d’oro, provenienti dalle rendite che i reali di Spagna percepivano dal Regno di Sicilia.
Tale imponente donazione fu data in gestione al Cardinale spagnolo, Bernardino Lopez di Carvajal, al quale venne l’idea di chiamare il Bramante per la realizzazione, all’interno del complesso, di un “Tempietto” la cui data di realizzazione è inquadrata dagli studiosi tra il 1502 e il 1510 senza possibilità alcuna di essere più precisi, a causa dell’assenza di documentazione che renda possibile la datazione dall’inizio dei lavori in poi.
Il Tempietto del Bramante tra ispirazione classica e rinascimentale
Nell’ambito della complessa opera di ristrutturazione e ampliamento di tutto il complesso esistente, fu deciso di realizzare un luogo sacro che ricordasse la crocifissione di San Pietro che, secondo quanto tramandato fino ad allora, era avvenuta proprio sul colle del Gianicolo, successivamente rivelatasi ipotesi infondata e per la cui realizzazione venne chiamato dalle terre del Montefeltro proprio il Bramante, già affermato pittore e architetto.
Il Tempietto di San Pietro in Montorio o più comunemente detto Tempietto del Bramante, sorprende per le sue forme contenute ma che riescono ugualmente a dare risalto all’innovazione che l’autore volle imprimere alla realizzazione di questo luogo sacro e celebrativo.
Il Tempietto del Bramante infatti, sebbene sembri voler rievocare nella struttura, le forme classiche dell’antichità, grazie all’apporto dell’ingegno di un maturo Bramante, ormai formatosi ad Urbino e Milano, riesce a farsi portavoce nelle sue fattezze di un momento di progressione architettonica di grande rilevanza, ergendosi a testimone di un vero e proprio momento di rottura con la tradizione precedente e traghettando la percezione visiva delle dimensioni, dalla quattrocentesca prospettiva bidimensionale, verso una concezione tridimensionale dello spazio decisamente innovativa.
Sedici colonne di marmo grigio per il Tempietto del Bramante
Di diametro nella pianta ridottissimo, il Tempietto del Bramante, rompe perfettamente gli schemi con tutto ciò che è a lui precedente anche nell’utilizzo che veniva assegnato ad edifici di tali fattezze architettoniche. Per la prima volta, il Tempietto del Bramante, risulta essere esclusivamente celebrativo, rispetto ad altri esempi dalle stesse caratteristiche, nei quali era sempre prevista un’ampiezza di spazi che consentisse la celebrazione liturgica con conseguente partecipazione popolare.
In questo caso se ne conserva meticolosamente la struttura, nella sua perfezione di richiamo alle forme classiche ma se ne escludono gli spazi ed in questo modo il Tempietto del Bramante assurge fortemente ad una dimensione del tutto simbolica pur mantenendo il suo aspetto all’apparenza e tutto sommato in parte fruibile.
Il Tempietto del Bramante, nasce dunque per essere guardato, ammirato nelle sue forme perfette e dimensioni armoniche ma non per un utilizzo costante, così formulato nella mente del suo realizzatore.
Pur nella sua posizione volutamente semi nascosta allo sguardo diretto, il Tempietto del Bramante, fin da subito venne proiettato in una dimensione di grande notorietà, dagli stessi contemporanei del Bramante e da molti artisti successivi; uno fra tutti Raffaello, con il quale l’architetto di Fermignano condivideva i natali nel Ducato d’Urbino e anche una profonda e sincera amicizia sebbene avessero età differenti.
Raffaello infatti nel suo dipinto Sposalizio della Vergine, che di fatto lo consacrò tra i grandi dell’arte, pone in posizione centrale della scena, un tempio delle stesse fattezze del Tempietto del Bramante, del quale molto probabilmente ne aveva visto i bozzetti dall’amico Bramante, celebrandone così la grandezza in modo immediatamente percettibile in omaggio all’amico ma anche a tutta un’epoca e ai suoi ideali.
Un selfie d’annata mi verrebbe da dire ma subito torno sui miei passi e arrossisco alla sola idea di aver pensato una cosa così dissacrante.
Ipotizzando però una storia semiseria del Tempietto del Bramante, potremmo senz’altro dire di essere di fronte ad un’opera tra le più “fotografate” con tempere e pennelli.