Quando parliamo del Giappone, la mente ci rimanda ad immagini pittoresche della fioritura dei sakura, i ciliegi giapponesi, delle delicate geishe, dei lottatori di sumo e di cerimonie per il tè. Difficilmente pensiamo allo Shodo, l’arte della scrittura giapponese.
Shodō, l’antica arte della calligrafia giapponese
Arte tipicamente orientale, che assume nome diverso in base allo Stato asiatico in cui ci troviamo, lo Shodo non è equiparabile alla nostra calligrafia (bella scrittura). Lo Shodo non è un semplice esercizio di scrittura, ma è una vera e propria arte, molto più simile ad una filosofia di vita che ad un esercizio. La traduzione della parola Shodo è via della scrittura: sho = scrittura; dō = via, percorso.
Il carattere viene usato in numerose occasioni per indicare la pratica di un’arte che richiede un impegno costante. Indica il percorso che l’individuo deve affrontare per arrivare alla perfezione tecnica dell’attività scelta, la sua crescita interiore.
Dō è anche il carattere che indica il dao (tao), la via, cioè il processo di mutamento e di divenire di tutte le cose su cui si basa la filosofia taoista. Questo termine, in Giappone, venne applicato a numerose arti tradizionali in conseguenza agli influssi trasmessi dal buddhismo sulla loro pratica, intesa come “percorso”:
kendō , judō , kyūdō (tiro con l’arco), chadō ( cerimonia del tè).
I tratti della scrittura giapponese non sono casuali, ma ogni linea retta o curva, sottile o spessa, rappresenta l’intensità che ha un determinato segno, in base al termine da rappresentare.
Stili e strumenti di scrittura
La calligrafia giapponese è caratterizzata da 5 tipi di carattere: lo stile tensho, è lo stile del sigillo, ancora usato per la loro incisione. Si ha lo stile reisho, anche detto stile dei funzionari e degli scrivani.
Lo stile kaisho (楷書) è considerato l’origine di tutti gli stili di scrittura shodō. Il kaisho è molto simile a quello che si trova sulle tastiere dei computer o nei caratteri usati nella vita di tutti i giorni. Rappresenta il primo approccio alla scrittura giapponese.
Lo stile semi-corsivo è il gyōsho (行書), meno formale. Letteralmente, la parola gyōsho significa “scrittura che si muove”, e infatti ha uno stile più fluido, molto vicino al nostro corsivo.
La scrittura più difficile è l’ultima, la più astratta, chiamata sōsho (叢書). È la più complessa da imparare, i caratteri sono legati l’uno all’altro, infatti il pennello viene staccato dalla superficie di scrittura pochissime volte. Lo stile corsivo sōsho ricorda il movimento del vento nell’erba, e la sua caratteristica principale è rappresentata dall’emozione. I caratteri sōsho non sono fatti per essere leggibili o essere compresi, ma devono trasmettere l’emozione di chi li ha scritti, ed essere belli esteticamente.
Per lo Shodō, si usano pennelli (fude) di varia grandezza e tipo di pelo, intinti nell’inchiostro nero (sumi), che si trova sottoforma di tavoletta. La tavoletta di inchiostro va sciolta con l’acqua in una particolare pietra incavata ripiena d’acqua, detta suzuri. La carta (kami) è impropriamente da noi chiamata carta di riso, si tratta invece di una carta sottilissima e delicata. Può essere usato anche un panno che assorbe l’inchiostro, detto shitajiki, un poggia-pennelli (fudeoki) e un porta-pennelli (fudemaki).
Durante la scrittura il corpo deve essere il più libero possibile e deve partecipare interamente all’esecuzione. La posizione del foglio, per una scrittura corretta, è fondamentale. In posizione seduta, il foglio deve trovarsi poco al di sotto dell’ombelico, per evitare di dover sollevare eccessivamente il braccio. Il busto deve essere eretto per favorire una regolare respirazione.
Le dimensioni possono variare, e in base a queste anche la posizione. In alcuni casi possiamo ammirare il calligrafo in piedi, che trasmette alla scrittura tutta l’energia e la forza che quest’arte porta con sé.
Un’arte millenaria che trova le sue origini in Cina
Lo Shodo ha origine in Cina, dove oltre 3.000 anni fa i pittogrammi venivano scolpiti su gusci di tartaruga e ossa di mucca, come parte delle cerimonie religiose. In seguito alcuni iniziarono ad incidere queste stesse pittografie su bronzo e altri metalli. Nel complesso, i primi tipi di caratteri utilizzati comunemente mancavano dell’uniformità, in termini di dimensioni e forma, che hanno oggi i caratteri Shodo.
L’arte della scrittura è stata trasmessa dalla Cina, molto più potente, al Giappone nel periodo Nara ( 710 – 794), e ha subito nei secoli diverse trasformazioni.
I cinque tipi di carattere nella calligrafia giapponese, Tensho (stile sigillo), Reisho (stile dello scriba), Kaisho (stampatello), Gyosho (semi-corsivo), Sosho (corsivo), apparirono prima della fine del IV secolo. In aggiunta a questi i giapponesi svilupparono i cosiddetti caratteri Kana durante l’VIII secolo.
I Kana sono i caratteri che esprimono suoni, in contrasto con i caratteri usati ideograficamente. Furono sviluppati tre tipi di Kana: Manyogana, Hiragana, Katakana. I Manyogana o Kanji sono alcuni caratteri cinesi usati foneticamente per rappresentare le sillabe del giapponese.
Da una semplificazione di questo sistema vennero gli stili Hiragana e Katakana. Nelle mani delle nobildonne giapponesi lo Hiragana si sviluppò in una bella scrittura che è lo straordinario stile di calligrafia del Giappone. Lo Hiragana viene utilizzato per parole per le quali non vi sono kanji, è anche usato per parole per le quali la forma ideografica kanji non è conosciuta da chi scrive.
Il sillabario Katakana è soprattutto impiegato nella trascrizione di parole straniere, sia di parole prese in prestito da altre lingue, soprattutto da quella inglese, e usate oggi in giapponese (dette gairaigo), sia di nomi propri intraducibili. Unico inconveniente, si ha un’approssimazione dei nomi, con suoni molto simili a quelli originali.
Oggi, in Giappone, si usa scrivere caratteri con il pennello in occasioni di celebrazione, ed è anche diffusa la pratica di scrivere caratteri che portano bene a Capodanno, chiamata Kakizome, prima scrittura. Le opere di calligrafia vengono spesso messe in mostra nelle stanze tradizionali giapponesi con pavimento in tatami, nella zona chiamata tokonoma.
Le nicchie tokonoma si trovano nelle stanze dedicate alla cerimonia del tè, dove le pergamene con i caratteri giapponesi sono appese al muro (kakejiku) come parte integrante dell’arredamento.
Shodo e buddismo
L’arte shodo è legata alle pratiche del buddismo zen e influenzata dalle sue idee e i suoi valori. La calligrafia giapponese rappresenta l’unione tra mente e anima, e la capacità di scrivere con il cuore, senza il quale nulla avrebbe significato.
Il calligrafo ha solo un tentativo per scrivere un carattere, dato che scrivendo, il pennello non deve mai staccarsi dal foglio o dalla superficie. Per trasmettere un significato profondo, l’opera deve mostrare emozioni, personalità e passione dell’artista.
Per raggiungere questo è necessario dedicarsi con continuità all’esercizio costante della tecnica dei tratti. Infatti l’esercizio costante permette di comprendere la tecnica. Solo dopo anni di pratica è possibile scoprire la spontaneità del gesto e quindi arricchire la propria interiorità, in quanto ciò che esprimiamo attraverso il gesto con il pennello sulla carta, rappresenta il nostro modo di sentirci in armonia con la natura e quindi con l’universo.
Secondo la filosofia buddista, infatti, si dice che la via della scrittura sia parte del cammino verso l’illuminazione.
Informazioni per l’apprendimento dello Shodo in Italia
L’Italia è sempre più vicina alla cultura giapponese e sempre più interessata alle tradizioni. Anche per questo motivo sono nate diverse scuole che permettono l’apprendimento dello Shodo, alcune di queste sono: Bokushin (varie città d’Italia); Oriente Acquaviva – (Livorno); Centro studi shiatsu Nagaiki – (Mantova).
Caro Icrewer, ti senti pronto per entrare nell’arte giapponese dello Shodo?