Siamo abituati ad associare la bevanda del tè al popolo britannico, dove puntualmente alle 5 p.m. scatta l’ora del tè. Ma questa bevanda ha origini antichissime e in Oriente il tè è al centro di un’attività culturale molto amata e ricercata: la cerimonia del tè.
Per il popolo nipponico, la cerimonia del tè non è una semplice degustazione, ma un vero e proprio incontro spirituale, un attimo di meditazione e riflessione. La cerimonia del tè è un rito giapponese che va molto al di là del semplice consumo di una tazza di tè, poiché esso segue un codice di comportamento ben preciso e tutto, dalla programmazione dell’evento ai gesti da fare prima di bere la bevanda, è basato su regole estremamente precise.
Quali sono le caratteristiche della cerimonia del tè?
Il Cha no yu, conosciuto in Occidente come Cerimonia del tè, è un rito sociale e spirituale praticato in Giappone. Molto spesso viene indicata anche con i nomi Chadō o Sadō (“via del tè”).
È una delle arti tradizionali zen più note. Codificata in maniera definitiva alla fine del XVI secolo dal monaco buddhista zen Sen no Rikyū, maestro del tè di Oda Nobunaga e successivamente di Toyotomi Hideyoshi. La cerimonia si basa sulla concezione del wabi-cha (侘茶). Questa cerimonia e pratica spirituale può essere svolta secondo stili diversi e in forme diverse.
La Cerimonia del tè di Sen no Rikyū si fonda su quattro principi basilari a cui fanno riferimento tutti i lignaggi scolastici che proseguono gli insegnamenti di questo maestro del tè:
- Armonia (wa), che comprende la relazione ospite-invitato, gli oggetti scelti e il cibo servito. Queste relazioni devono riflettere il ritmo effimero delle cose e della vita. Prima di offrire il tè, l’ospite porge dei dolci all’invitato, a volte un pasto leggero. Tutto deve essere all’insegna della stagione in corso e al ritmo naturale della cose;
- Rispetto ( kei), è il riconoscimento in ogni persona, ma anche nei più semplici oggetti, della presenza di una innata dignità. Coltivare questo vissuto nella Cerimonia del tè e nella vita permette di comprendere la comunione dell’essenza di tutto ciò che ci circonda;
- Purezza ( sei), è la capacità di trattare se stessi e gli altri con cuore puro ed aperto. Con un cuore puro, l’armonia ed il rispetto possono essere praticati. Quando il giardino del tè è pulito e si indossano abiti puliti il cuore e l’anima sono purificati. Un cuore puro non è mai appariscente ma semplice;
- Tranquillità ( jaku), è il momento nella formazione e nella pratica in cui si raggiunge l’altruismo. Rappresenta l’obiettivo finale ma anche un nuovo inizio.
Come si svolge la cerimonia Sadō
La cerimonia del tè si svolge in piccole stanze chiamate chashitsu, separate dal resto della casa e circondate da giardini. Gli ospiti devono lavarsi le mani prima di entrare e e sono costretti a chinare il capo, perchè la porta è molto bassa, in segno di umiltà. L’arredamento del locale si basa su una squisita semplicità; di solito, l’unica decorazione è rappresentata da un muro chiamato tokonoma, in cui sono posti una pergamena e fiori di stagione.
Per poter iniziare, una corretta esecuzione della cerimonia del tè prevede l’utilizzo di alcuni strumenti: la frusta in bambù per girare il tè (chasen), la tazza in cui viene consumato il tè (chawan), il mestolo di legno per versare l’acqua nella tazza (hishaku) e il bollitore per scaldare l’acqua (kama).
A seconda delle stagioni cambia inoltre la collocazione del bollitore ( kama): in autunno e inverno è posto in una buca di forma quadrata (ro, fornace), ricavata in uno dei tatami che formano il pavimento, mentre in primavera ed estate è in un braciere (furo) appoggiato sul tatami. La forma più complessa e lunga ( chaji) consiste in un pasto in stile kaiseki, nel servizio di tè denso (koicha) e in quello di tè leggero ( usucha).
In tutti i casi si usa in varie quantità il matcha, tè verde polverizzato, che viene mescolato all’acqua calda con l’apposito frullino di bambù (chasen). Quindi la bevanda che ne risulta non è un’infusione, bensì una sospensione: questo significa che la polvere di tè viene consumata insieme all’acqua.
Per questo motivo e per il fatto che il matcha viene prodotto utilizzando germogli terminali della pianta, la bevanda ha un effetto notevolmente eccitante. Infatti veniva e viene ancora utilizzata dai monaci zen per rimanere svegli durante le pratiche meditative. Il tè leggero usucha, a seguito dello sbattimento dell’acqua col frullino durante la preparazione, si ricopre di una sottile schiuma di una tonalità particolarmente piacevole e che si intona con i colori della tazza.
Questa cerimonia è un rituale sacrale, silenzioso, in cui il tè passa di mano in mano, ed è richiesta la massima attenzione ed apprezzamento: i movimenti sono studiati, le parole misurate ed attinenti a quanto si sta per provare, in cui l’aumentata formalità amplia la spiritualità del momento.
Dopo che gli invitati hanno lavato le mani, una volta entrati, devono aspettare il teishu, ovvero l’addetto alla preparazione del tè, che lo prepara da posizione inginocchiata, dopo aver preparato gli strumenti con movimenti precisi ed aggraziati. A partire dall’invitato più importante, tutti i commensali vengono invitati a mangiare un dolcetto, che va preso tassativamente prima del tè, che sarà amaro, e successivamente viene loro posta la chawan dinnanzi, per assaporare il tè.
Il primo commensale si scusa con il suo vicino, chiedendo di bere per primo, e fa ruotare la chawan per un numero stabilito di volte, dirigendo lo shōmen, ovvero la parte di finitura della chawan, verso il teishū, beve con piccoli sorsi di apprezzamento, poi pulisce il bordo della tazza e la riconsegna al teishū, che la lava e procede il rito con tutti gli altri ospiti. La parola che viene detta è Osakini, che significa Mi perdoni se inizio prima di lei.
Quando tutti gli invitati hanno bevuto il tè, il primo ospite, che prende il nome di shōkyaku enuncerà una frase di rito chiedendo di esaminare ed ammirare gli utensili; il chashaku, ovvero il cucchiaino di bambù, il contenitore del tè, e così via: questo processo viene ripetuto da tutti gli ospiti, secondo il principio zen per cui bisogna dedicare attenzione e ammirazione a tutte le cose e rispettarne la preziosità ma anche le imperfezioni. L’ultimo oggetto ad essere esaminato è la tazza, la chawan, che viene rigirata tra le mani mentre si interroga il teishū sul maestro che l’ha creata, sullo stile e sulla storia.
A questo punto si chiede all’invitato se desidera dare un nome poetico al chashaku; generalmente è indicato che l’ospite reciti un verso di una poesia o utilizzare un riferimento alla stagione in corso contenuto in un haiku. A conclusione della cerimonia del tè il teishū ritorna alla sua postazione iniziale, si inchina assieme agli ospiti e poi esce dalla porta scorrevole da cui è entrato, che viene richiusa.
Partecipare ad una cerimonia del tè
Nonostante la complessità e l’immanenza e la spiritualità legate alla cerimonia del tè, in Giappone, ma anche in altri paesi, è possibile partecipare alle cerimonie del tè. In Giappone sono molte le sale da tè o i templi in città come Kyoto o Tokyo in cui si organizzano cerimonie del tè per gli stranieri ed i turisti, per trasmettere i valori che le guidano e condividere questo rituale sociale e culturale.
In Italia è possibile assistere ad una cerimonia del tè e seguire tutti i suoi rituali a Lucca, presso Scuola di Cerimonia del Tè Jaku. Presso questa Scuola, potrete immergervi nello spirito nipponico e ritrovare una nuova energia. Prenotando sul sito web della scuola, si potrà avere l’occasione di partecipare soli o in coppia.
La cerimonia del tè è un incredibile esperienza, che ha il potere di donare un senso di pace e armonia e abituarci a vedere la preparazione del tè come un rito sacrale per la propria anima, di contemplazione interiore.