Per la nostra redazione Arte.icrewplay.com ho visitato la mostra Polaroid di Manuele Geromini, presso Radio Trastevere Gallery. In uno spazio molto intimo, le opere di Geromini si offrono allo sguardo nella loro interezza per poi rimpicciolirsi nel formato standard della classica Polaroid e dar modo al fruitore di fare un ipotetico “zoom” sui dettagli.
La mostra, che è stata presentata il 22 aprile alle 18, introduce una fase puramente sperimentale della carriera artistica di Manuele Geromini che ha pubblicato su riviste internazionali come “Vogue”, “Le Monde”, “Interview”, “GQ” e ha lavorato in campo cinematografico con registi come Sorrentino e la Wertmuller.
“Interpreto la fotografia come creazione di immagini sacre. Non in termini religiosi, ma assoluti, non come rappresentazione o tentativo di condurre al reale, ma di trascenderlo, renderlo molle, pieghevole al sentire interiore, la poesia non serve a nulla se non a nutrire i nostri cuori”
Manuele Geromini: “La vita è un continuo istante infinito”
Il breve, ma intenso percorso espositivo, racconta la sacralità della vita che si dibatte tra passato e futuro, tra vita e morte, tra nascita e solitudini. L’istante e la casualità, momenti aleatori, fragili e brevi, si pongono nel mezzo tra questi due estremi.
“La vita è un continuo istante infinito. Dunque dovendo scegliere un modo di rappresentarlo ho scelto di usare due immagini sovrapposte. Una rappresentante il passato e quella successiva il futuro. La prima è impostata con coscienza, la seconda è imprevedibile. L’istante è l’immagine nel mezzo, quella che non c’è, quella che costantemente ci sfugge”
Dietro ogni scatto c’è un lungo progetto finalizzato ad esprimere l’aspetto aleatorio e sfuggente dello scatto. Si stabilisce un rapporto tra l’artista, il mezzo tecnologico e i materiali utilizzati per presentare l’esposizione. Sappiamo tutti che la Polaroid, stampa automaticamente le foto, ma l’artista può intervenire decidendo il momento esatto dell’apertura e studiarne la casualità degli effetti. L’immagine viene prima disegnata e poi realizzata con la Polaroid.
Le immagini piccole sono poste in una teca di vetro, che nell’angolo della sala svela al fruitore dei brevi racconti legati all’istante della vita che nasce, testimoniata da fiori e figure femminili. L’istante è anche legato all’urlo di dolore, che ci ricorda una solitudine primordiale.
Le cornici con il loro sfondo rivestono una particolare importanza, sia per l’armonia di colori che l’artista è riuscito a creare, sia perchè ci costringono a ritornare ad esplorare dei dettagli ogni volta nuovi che svelano frammenti di un racconto.
Da un punto di vista estetico, attraverso la teca di vetro che fa angolo e le cornici, l’artista offre anche ottime soluzioni di design, ma dietro l’aspetto estetico c’è comunque una pura ed interessante ricerca interiore basata su temi universali.
Le due immagini più grandi richiamano la bellezza, la classicità e quei modelli sacri e indelebili nell’arte e nella vita. Attraverso la sperimentazione con la Polaroid, l’artista guarda Bernini, Caravaggio e Michelangelo in una splendida fusione di vita e morte, di passato e futuro.
Questa foto che apre il percorso espositivo, si presenta con un formato grande e cattura subito l’attenzione dello spettatore che viene colpito dal ricordo dell’Enea ed Anchise di Bernini, ma può anche notare il taglio di luce che richiama Caravaggio.
Anche quest’altra immagine cattura immediatamente il fruitore ed è posta su un supporto molto particolare che richiama il mondo del teatro. Il formato è grande e la prima associazione è quella della Pietà di Michelangelo. Molto forte è il concetto del tempo poichè sul torace dell’uomo seduto leggiamo da una parte 1966, dall’altra 1994.