La spiritualità, l’annullamento delle barriere tra arte e vita e tra attore e spettatore, lo spazio vuoto. Questi i tratti distintivi di Peter Brook scomparso all’età di 97 anni.
Brook è stato uno dei maestri del teatro del 900 che ha saputo abilmente coniugare le regie di Shakespeare con la lezione di Artaud, Grotowskij, Living Theatre e Gurdjeff.
Nasce a Londra, ma la sua famiglia è originaria della Lettonia. Ebbe un’educazione molto scientifica, liberale e piena di interessi culturali, ma il suo incontro col teatro avvenne in maniera casuale.
Peter Brook e Shakespeare
Brook è sempre stato riconosciuto come uno dei maggiori registi delle opere di Shakespeare. Si fece conoscere in tutta Europa con il tour dedicato a Tito Andronico nel 1955. Nello stesso anno si confrontò con Amleto e nel 1962 con Re Lear.
Lo studioso George Banu, uno dei massimi esperti del teatro di Peter Brook, mette in evidenza come Shakespeare rappresenti per il regista britannico, l’interlocutore privilegiato e l’alter ego. Attraverso il Tito Andronico, affronta il Teatro della crudeltà di Artaud.
Debuttò a soli 20 anni con la regia de Il re Giovanni e nel 1946 affrontò con coraggio un’opera di Shakespeare che fino a quel momento era catalogata come un’opera minore: Pene d’amor perdute.
Brook si avvalse della fluidità della scrittura drammaturgica shakespeariana perché in ogni tempo e luogo gli permetteva di esprimere la sua visione del mondo, l’arte del ribaltamento e della metamorfosi.
Per il regista, Shakespeare era in grado di rappresentare contemporaneamente il “rozzo” e il sacro, l’alto e il basso, “Il cielo e la merda” (Peter Brook, Il teatro e il suo spazio).
Uno dei suoi ultimi lavori era proprio legato a Shakespeare. Tempest Project, realizzato con Marie-Hélène Estienne. Aveva debuttato al Teatro Cucinelli di Solomeo e dal 10 al 13 febbraio era stato al Teatro Goldoni di Venezia.
Brook lavorava dunque ciclicamente sulle opere di Shakespeare, ogni opera si distanziava dall’altra di 5 anni. E’ stato il caso de La tempesta. Il regista ha cominciato a lavorare sul testo negli anni 50, poi negli anni 60 e ancora nel 1990 con l’idea di una ricerca su Shakespeare, mai statica e in un continuo divenire.
Peter Brook, Marat-Sade
Brook divenne prima direttore artistico della London’s Royal Opera House, poi nel 1962 della Royal Shakespeare Company. Qui comincia ad affiancare regie shakespeariane e teatro di ricerca.
Nel 1964 mise in scena il Marat-Sade di Peter Weiss, ispirandosi a Jerzy Grotowskij, a Brecht e al suo teatro epico e ad Antonin Artaud.
Il testo nasce come una forma di metateatro e con un complesso linguaggio, non solo verbale, ma anche fisico. E’ ambientato nel manicomio di Charenton, nel quale il Marchese De Sade mette in scena la vicenda dell’omicidio di Marat.
Per i critici non si tratta di uno spettacolo sulla Rivoluzione, ma produce esso stesso una Rivoluzione, sia nel linguaggio scenico e sia nel mostrare gli orrori della Rivoluzione.
Nel 1966 Brook realizzò anche il film Marat-Sade.
Peter Brook e il Mahābhārata
Il Mahābhārata, realizzato nel 1985, fu l’opera più grande ed importante di Brook, una summa del suo sapere scenico e culturale. L’opera dura 9 ore e nasce dalla collaborazione con Jean Claude Carrière.
Lo spettacolo si basa su un antico poema epico scritto in sanscrito. Esistono due versioni di questo spettacolo: una inglese e una francese. E’ diviso in tre parti: Il gioco dei dadi, L’esilio nella foresta e La guerra.
Oltre a Brecht ed Artaud, Brook esplora anche il teatro Khatakali, gli spettacoli di marionette e le arti marziali.
A proposito di questo lavoro, Brook dichiarò:
«Quello che viene espresso nel Mahabharata è che esiste una certa armonia del mondo, un’armonia cosmica, e gli individui possono contribuire a essa o distruggerla. Quindi ognuno deve tentare di scoprire qual è il suo posto nello schema cosmico e come può contribuire a mantenere l’armonia cosmica, piuttosto che distruggerla.»
Questi due spettacoli furono alla base di una vera e propria ricerca antropologica di Peter Brook che basava la disciplina dell’attore su un rigoroso training fisico e vocale, studi teorici e confronti tra le varie performance degli altri paesi.
Brook girò l’Africa con un tappeto e un gruppo di fedeli. Ogni sera proponeva il suo spettacolo ad un pubblico che non aveva mai visto uno spettacolo teatrale, in cambio di uno spettacolo rituale della tribù ospitante.
Caro lettore, conosci questo maestro? Cosa ne pensi? Per ulteriori approfondimenti ti consiglio di leggere questo saggio Dimenticare Shakespeare?