Il Castello di Fumone si trova in Ciociaria lambito dai Monti Ernici e infatti, proprio per questo, il Maniero deve la sua fama alla sua posizione, prospiciente la valle del fiume Sacco della quale ne sovrasta tutt’oggi la veduta.
Ora lo fa con intenti panoramici. ma precedentemente, con i suoi circa ottocento metri d’altitudine sopra il livello del mare, il Castello di Fumone ha rappresentato in ogni epoca, un punto d’avvistamento irrinunciabile.
Conteso per lungo tempo, fece da baluardo in molte di quelle vicende storiche destinate a raccontarsi sui libri; non mancò nelle guerre civili di epoca romana , né si fece sorprendere dal temibile e valoroso Annibale che il Castello di Fumone si prese l’ardire di spiare da lontano poiché dalle torri di vedetta lo sguardo può spingersi fino a Capua, città in cui il condottiero cartaginese aveva posizionato il suo accampamento in attesa di sferrare l’attacco verso Roma che una Fumata, da qui il singolare nome del monte prima e del castello poi, non mancò, come sempre, di anticipare le mosse del nemico, dando così modo alle retrovie di prepararsi e respingere ogni tentativo belligerante.
Quelle che però oggi ti voglio raccontare sono le vicende oscure del Castello di Fumone quando intraprese la via del declino sotto la giurisdizione dello Stato Pontificio.
Al Castello di Fumone oscure presenze e inquietanti grida notturne
Sembrano quasi soffocate le grida che giungono ogni notte dalle fondamenta per risalire quasi a cercare una via di fuga, inseguendo eternamente quella libertà che forse è mancata in vita e c’è chi giura che si avvertano anche fuori dalle possenti mura del Castello di Fumone; sono le anime imprigionate che nelle segrete del maniero hanno esalato gli ultimi respiri di una vita ingrata.
Sono quelle di Gregorio VIII, l’antipapa, qui rinchiuso e la cui morte varcò in uscita il portone d’ingresso come novella ma non nelle spoglie, tanto che mai resto alcuno ne fu rinvenuto; stessa sorte per Papa Celestino V che morì, dopo anni di prigionia, in un’ angusta cella dei sotterranei del Castello di Fumone in isolamento e che un’ispezione postuma del cranio rivelò un foro del diametro verosimilmente riconducibile ad un chiodo dando una precisa idea su come sia avvenuta la sua morte.
Già questo potrebbe bastare a far accapponare la pelle di chiunque, devo però aggiungere che c’è dell’altro ma quello che sto per raccontarti è solo per palati forti e tanto anche, quindi lascio a te decidere se fermare qui la tua lettura o proseguire fino in fondo.
Il Marchesino Longhi imbalsamato da 200 anni nel Castello di Fumone
Passato ad una nobile famiglia romana, il Castello di Fumone sembrava vivere il ricordo degli antichi fasti in modo comunque dignitoso se non che un fatto agghiacciante ne segnò per sempre la storia futura.
Anche se avviene in una famiglia numerosa, una nuova nascita è sempre motivo di giubilo specialmente se non ci sono preoccupazioni di indigenza e fu così che deve essere stata accolta la venuta al mondo del Marchesino Francesco Longhi tra le mura del Castello di Fumone, ottavo figlio dopo sette discendenti femmine: era arrivato l’erede.
La Marchesa Emilia Caetani Longhi trattava il piccolo , in uso per l’epoca, come l’erede dinastico tanto atteso e pur non mancando nulla alle sorelle ben presto si scatenò una sommessa gelosia da parte di quest’ultime tanto che la leggenda narra che proprio nel giorno del compleanno del marchesino, qualcuno mise delle schegge di vetro nel cibo del bimbo tanto da causarne di lì a qualche giorno la morte in preda ad atroci sofferenze.
Che fossero schegge di vetro o arsenico come le ricerche svolte hanno indicato, sta di fatto che tra le mura del Castello di Fumone venne a compiersi il più efferato dei delitti.
IL dolore della Marchesa Emilia Caetani si dice fu incontenibile tanto che pretese immediatamente di vestire a lutto l’intero maniero arrivando a far togliere le opere d’arte che recassero anche il minimo accenno di un sorriso e ordinò che quelle rimanenti fossero rivestite di colori adatti al lutto eterno che ella si accingeva a perseguire.
In ultimo ordinò che il piccolo fosse imbalsamato e conservato in una teca di legno e vetro. Da allora nessuno più osò spostare la salma mummificata del Marchesino Longhi che è tutt’ora nel luogo dove sua madre decise di metterlo a dimora ormai duecento anni orsono. Si narra che ella continuò ad accudire suo figlio come se fosse vivo e non sono rare le voci che tramandano di come la Marchesa lo cullasse e gli cambiasse sovente gli abitini.
Ma era la notte il momento più temuto poiché le urla di una mamma che ha perso il proprio piccolo riescono a oltrepassare anche le fortificazioni più spesse.
Fin qui la narrazione passata di voce in voce in un ambiente che da secoli così usava tramandare usi, costumi e storie come questa.
Passato agli eredi, il Castello di Fumone dal 1990 è stato reso accessibile al pubblico; si racconta in paese che almeno inizialmente, sull’onda emotiva che da sempre suscitano i corrispettivi Castelli Scozzesi infestati dai fantasmi, fu tentata la via di consentire il soggiorno notturno degli ospiti in alcune stanze del maniero appositamente allestite.
Come si siano svolti tali soggiorni non è dato sapere, ma è certo che dopo i primi avventori però, si decise di non consentire ulteriormente il pernotto a nessuno, adducendo sommessamente a motivi organizzativi di imprecisata natura; sta di fatto che l’accoglienza turistica in tal senso fu relegata a due appartamenti, tutt’ora fruibili, sempre all’interno delle mura del maniero, ma da esso ben distaccate poiché facenti parte dell’antico corpo di guardia.
Non ne parla nessuno apertamente ma si vocifera che appena dopo la mezzanotte, urla disumane e soffocate sembrano provenire proprio dalla parte del Castello di Fumone che guarda a Sud e benché non lo voglia ammettere nessuno, ai pochi residenti disposti ad affrontare l’argomento, lo si può leggere negli occhi perché il loro pensiero, anche se non espresso, va alla Marchesa Emilia Caetani; è lei che probabilmente torna a cullare il suo piccolo rinnovando di notte in notte l’eterno dolore che da viva imprigionò il suo corpo ed ora e per sempre ne imbriglia l’anima.