Il corpo e il pensiero dell’attore o dell’attrice in scena in determinate epoche può trasformarsi in opera d’arte in movimento, concreto punto di partenza o forse di arrivo di una poetica molto dibattuta, specchio reale e tangibile dei cambiamenti del tempo.
Eleonora Duse nata a Vigevano il 3 ottobre 1858 e morta a Pittsburgh il 21 aprile 1924 fu l’esempio concreto di un teatro che nel passaggio dal secolo XIX al secolo XX stava evolvendo.
Già dalla sua nascita era intrisa di quella precarietà e di quel nomadismo che la portavano a “giocare sulle tavole del palcoscenico”. Figlia degli attori girovaghi Alessandro Vincenzo Duse e Angelica Cappelletto, interpretò all’età di 4 anni il ruolo di Cosetta in una versione teatrale dei Miserabili di Victor Hugo.
Eleonora Duse tra tradizione e innovazione
Nel 1878 ottenne il ruolo di prima amorosa nella compagnia Ciotti-Belli-Blanes e a 20 anni fu a capo di una compagnia con Giacinta Pezzana.
Si fece apprezzare dal pubblico con Teresa Raquin di Zola, romanziere francese che con l’impulso della corrente di pensiero della Filosofia positiva dell’epoca e spinto dalla ricerca del vero, costruì con moduli ancora ottocenteschi, con un narratore onnisciente, ispirandosi a Balzac, ma con l’entusiasmo dello scrittore che come uno scienziato si presta ad un esperimento sociale, costruì un vero Romanzo-studio definito dalla critica Psicologico e fisiologico.
La Duse, donna moderna ed intraprendente non poteva non cogliere la ventata di cambiamento. Nel 1879 entrò nella Compagnia Semistabile di Torino di Cesare Rossi.
In Italia in quel momento mancava una drammaturgia innovativa, pertanto la Duse scelse un repertorio europeo, soprattutto francese in particolar modo Victorien Sardou che ispirò libretti d’opera come La Tosca di Puccini e scrisse anche satire sociali e drammi storici e Alexandre Dumas figlio, conosciuto per La signora delle camelie, fonte di ispirazione per La Traviata di Verdi. Épater la bourgeoisie era la parola d’ordine di Baudelaire, ma i temi controversi quali la prostituzione, la posizione della donna e una critica all’ipocrisia della società borghese era presente in questi autori che la Duse scelse abbracciando lo spirito dell’epoca.
Ben presto abbracciò anche il Verismo di Verga, interpretando Santuzza in Cavalleria Rusticana. Nel 1881 sposò l’attore della sua compagnia Tebaldo Marchetti, dal quale si separò nel 1885. Nel 1887 fondò la Compagnia della Città di Roma con il compagno e collega Flavio Andò.
Frequentò inoltre gli ambienti della Scapigliatura ed ebbe un’intensa relazione con Arrigo Boito che adattò per lei Antonio e Cleopatra. Aggiunse nel suo repertorio anche dei drammi di Giuseppe Giacosa.
Nel 1890 portò in scena in Italia i drammi di Henrik Ibsen come Casa di bambola e La donna del mare.
Eleonora Duse, un’attrice che cercò di rompere gli schemi del Teatro Ottocentesco
L’istinto e l’improvvisazione costituivano i punti chiave dell’interpretazione attoriale della “Divina”. La sua gestualità divenne talmente leggibile, al punto che all’Estero veniva capita anche se recitava in italiano, come ricorda di lei Anton Cechov:
“Ho proprio ora visto l’attrice italiana Duse in Cleopatra di Shakespeare. Non conosco l’italiano, ma ella ha recitato così bene che mi sembrava di comprendere ogni parola; che attrice meravigliosa!»
Era apprezzata da Stanislavskij che da sempre nei suoi allievi del Teatro d’arte di Mosca cercava il gesto credibile. Molto intensi furono inoltre i rapporti con Gordon Craig ed Isadora Duncan.
Queste discussioni, spesso molto accese, sull’arte del teatro, tra i due artisti sfociarono nella messinscena del 1906 al Teatro La Pergola di Firenze di Casa Rosmer di Ibsen.
Io ho avuto la fortuna di incontrare questo grande genio, Gordon Craig. Ormai dedicherò il resto della mia carriera sempre, sempre, a far conoscere al mondo la sua ammirevole opera.
Sapeva essere molto sfrontata e anticonformista in ciò che portava in scena, ma soprattutto sentiva profondamente i sentimenti dei suoi personaggi e riusciva a trasferire con grande maestria sulla scena i suoi drammi interiori.
“Il fatto è che mentre tutti diffidano delle donne, io me la intendo benissimo con loro! Io non guardo se hanno mentito, se hanno tradito, se hanno peccato – o se nacquero perverse – perché io sento che hanno pianto, – hanno sofferto per sentire o per tradire o per amare… io mi metto con loro e per loro e le frugo, frugo non per mania di sofferenza, ma perché il mio compianto femminile è più grande e più dettagliato, è più dolce e più completo che non il compianto che mi accordano gli uomini.»
L’incontro con Gabriele D’Annunzio
Nel 1882 incontrò per la prima volta Gabriele D’Annunzio, molto giovane ed intraprendente, poi lo rivide nel 1888 a Roma, al Teatro Valle in occasione della messinscena de La signora delle Camelie.
Nel 1892 D’Annunzio pubblica le Elegie romane, con una dedica alla “Divina Eleonora Duse”. Da allora nacque l’incontro sentimentale ed artistico tra i due che durò circa dieci anni e regalò al pubblico Il sogno di un mattino di primavera, La Gioconda, Francesca da Rimini, La città morta, La figlia di Iorio, tutti drammi dannunziani che l’attrice finanziò e che ebbero successo anche all’Estero.
Ma nel 1896, per la prima rappresentazione francese de La ville morte, D’Annunzio le preferì Sarah Bernhardt. Tra rotture e riconciliazioni la storia durò fino al 1901. Il vate le dedicò il romanzo Il fuoco.
Presso il Vittoriale degli italiani D’Annunzio conservò il busto di Eleonora Duse che il Vate chiamò La testimone velata e lo considerò un vero e proprio oggetti di culto soprattutto dopo la morte dell’attrice, avvenuta durante l’ultima Tournèe a Pittsburgh nel 1924. Ella fu inoltre l’ispiratrice della raccolta poetica Alcyone.
Eleonora Duse volle essere sepolta ad Asolo
L’attrice espresse la volontà di essere sepolta ad Asolo, dove durante la Prima Guerra Mondiale aveva dato conforto ai soldati del Monte Grappa.
Presso il Museo civico di Asolo sono conservati ritratti e lettere autografe dell’attrice, oggetti, libri e arredi personali, abiti e calzature di scena donati dalla figlia Enrichetta Angelica Marchetti.
Della Duse ci rimane inoltre un’unica testimonianza cinematografica: il film Cenere, tratto dal romanzo di Grazia Deledda e girato nel 1916.