Il caso della principessa Sissi, Elisabetta di Baviera, diventata imperatrice d’Austria, regina apostolica d’Ungheria, regina di Boemia e di Croazia, e i suoi disturbi alimentari sono molto chiacchierati nel mondo dei social, soprattutto in quest’a ‘epoca dove molte donne e uomini, ragazze e ragazzi sono ossessionati da un corpo perfetto.
Molti storici ci riportano come Elisabetta di Baviera soffrisse di quella che oggi viene comunemente chiamata anoressia nervosa, tipico disturbo DCA (Disturbi Comportamentali dell’Alimentazione).
Altri, invece, smentiscono il suo disturbo indicandolo come “il mito dell’imperatrice anoressica fa sempre figo ed accentua l’aura mistica di quella sovrana anticonformista e moderna per il tempo”, giustificando il suo stato di magrezza come un fattore ereditario. In parte è vero, il fattore ereditario influì molto, ma svariate testimonianze ci riportano come l’ossessione della magrezza, della bellezza e gli estenuanti esercizi fisici, l’alimentazione restrittiva e una cura maniacale del corpo riempivano le giornate di una delle più amate imperatrici del mondo e della storia.
Elisabetta di Baviera e la società del culto del bello
Facciamo un passo alla volta e andiamo a ritroso nel tempo. L’etimologia del termine anoressia deriva dal greco ανορεξία, utilizzato nell’ambito filosofico per indicare la mancanza di desiderio (nello specifico l’assenza del desiderio), in seguito l’uso della parola stessa e il suo sinonimo latino innappetentia (o nel tardo medioevo anorexia) vennero impiegati in ambito infettivo o psichiatrico per indicare un senso di disgusto per il cibo o comunque la mancanza di appetito. Nel 1860 furono trovati dei casi di anoressia a Parigi, e sempre in Francia, nel 1873, vennero riportati ben otto casi di deprivazione alimentare su base psicologica. Altri tre casi nello stesso anno a Londra e in Italia, e siamo nel 1875.

Non dimentichiamo che nel periodo Vittoriano vi fu una vera rivoluzione per quanto riguardava la moda e l’aspetto fisico, soprattutto nell’ambito femminile. Molte donne si sottoponevano a trattamenti pericolosi e invasivi per togliersi le lentiggini, queste desuete per i canoni di quell’epoca. La morbidezza delle forme veniva esaltata come ideale, ma per un corpo femminile sodo e voluttuoso, non grasso. Di enorme rilevanza divenne il punto vita, ritenuto ideale assoluto di bellezza; quest’ultimo doveva essere assolutamente segnato, il cosiddetto vitino da vespa: per questo motivo le donne usavano indossare degli strettissimi corsetti per conferirvi una forma a clessidra.
Un altro episodio da tenere in considerazione lo ritroviamo nel 1689, da un medico inglese di nome Richard Morton, e fu la prima segnalazione consapevole di disturbo alimentare psicogeno, il primo avviso ufficiale di una diagnosi di anoressia nervosa. Ma sarà nel 1764 quando, a Edimburgo, dove una seconda segnalazione di disturbo alimentare psicogeno attirerà l’attenzione medica, laddove la privazione del cibo era causata da depressione (tristezza o ansia).
Non a caso le abitudini della principessa Sissi e poi imperatrice Elisabetta di Baviera hanno attirato l’attenzione: ella era considerata una delle donne più belle e più temute di tutta Europa, caratterizzata dalla sua ossessione per la bellezza e il non superare i cinquanta chili di peso per un’altezza 172 centimetri. Attribuiva grande importanza al suo vitino da vespa da farne diventare una vera e propria moda per le donne che vivevano la sua epoca. La forsennata attività fisica a cui si sottoponeva tutti i giorni per svariate ore (cavalcate, passeggiate, esercizi alla sbarra), un’alimentazione rigida e la cura continua del suo aspetto fisico non hanno di certo aiutato ad allontanare il mito “dell’imperatrice anoressica”.
Quando viveva ancora in Baviera con la sua famiglia, la vera bellezza tra le sorelle era considerata Elena, la madre si lamentava spesso del poco fascino che la giovane Sissi trasmetteva. Manifestava sintomi d’anemia e aveva sbalzi ormonali rendendola paffutella, nel trascorrere degli anni molti problemi digestivi e di stipsi erano riconducibili all’uso troppo stretto del busto. Divenuta sovrana d’Austria anche i pranzi si fecero più difficili, soprattutto quelli di gala dove si nutriva a malapena: ella si sentiva a disagio quando si trovava di fronte a persone sconosciute.
Sissi soffriva di depressione, il suo matrimonio con l’imperatore Francesco Giuseppe la rendeva infelice, questo la portava nel rifugiarsi in un mondo tutto suo, riempendo le giornate con esercizi fisici estenuanti e una cura sfrenata per l’attaccamento alla bellezza, cercando di rendere il suo corpo estremamente magro e immortale. L’imperfezione era inaccettabile, addirittura si era persuasa d’avere una brutta dentatura, evitava di ridere, apparendo sempre seria e durante la conversazione parlava a voce bassa.
Conservarsi giovane, bella e magra
Conservarsi giovane, bella e magra: l’obiettivo era rendere immortale la sua già nota bellezza. Si faceva spedire foto e ritratti di donne molto belle da ambasciatori di tutto il mondo per collezionarli, questo non faceva altro che incrementare l’ossessione.
Ossessionata com’era dalla bellezza, Elisabetta concentrava tutte le proprie energie nel tentativo di conservarsi giovane, bella e magra. Neanche gli impegni di corte riuscirono a persuaderla e a farle trovare spazio nella giornata dell’Imperatrice. Questa consisteva in un rito maniacale e monotono, ma ben calcolato.
La sveglia mattutina era alle ore cinque, dopo trenta minuti di bagno rinvigorente in acqua fredda (acqua e ghiacci) dedicava altre tre ore alla ginnastica quotidiana. L’esercizio continuava con altre cinque ore a cavallo, poi seguivano le forsennate camminate pomeridiane, le quali potevano durare dalle sette alle otto ore.

Faceva massaggi e impacchi serali, bagni di vapore caldo alternati a bagni in acqua fredda. Durante la notte annodava panni umidi legati intorno alla vita, questi ultimi, nel corso degli anni, le causarono problemi reumatici. Dormiva poco e male, spesso senza cuscino e durante le ore insonne leggeva o scriveva.
Durante il giorno capitavano dei digiuni, e quando mangiava seguiva una dieta molto ferrea composta da cibi liquidi (come brodi, tè, latte o carne bovina spremuta); i pochi cibi solidi che ingeriva erano uova e frutta. Capitava che si concedesse dei dolci, ma prontamente recuperava quello che lei definiva strappo alla regola con esercizi altrettanto duri e digiuni.
Il corpetto era allacciato molto stretto quasi da soffocamento, quel vitino a vespa era diventata una vera e propria moda. Il punto vita doveva essere meno di cinquanta centimetri, la vestizione completa poteva richiedere ore in quanto gli abiti le venivano cuciti direttamente addosso.
Era costantemente in movimento, un moto perpetuo per “bruciare ininterrottamente delle calorie”. In ogni palazzo dove soggiornava aveva fatto allestire delle mere palestre con pesi, anelli e sbarra. Non si sedeva mai, neanche durante le udienze e incontri importanti. Fece togliere divani e poltrone dalle sue stanze.
Fu un’ottima amazzone, nuotatrice, tirava di scherma e sciabola. Tutti i giorni prendeva le misure dei fianchi, del giro-vita e delle caviglie. la sua altezza arrivava al metro e settantatré, pari a un peso di quarantotto chilogrammi di cui solo i capelli pesavano cinque chili. Quest’ultimi era spesso la causa dei suoi mal di schiena, li faceva lavare una volta a settimana per non sciuparli, tre ore di cura quotidiana e sempre ben pettinati e legati. Anche il viso non lo trascurava con impacchi e maschere, queste erano a base di vitella cruda o di fragole schiacciate, o creme composte da lardo, bava di lumaca e radice di malva. La skincare dell’intero corpo era a base di olio di oliva caldo, bagni di latte di capra e miele.
Le gravidanze mettevano in pericolo lei stessa e il nascituro a causa delle sue rigide e faticose abitudini. Furono questi i motivi che portarono la sua bellezza a sfiorire precocemente. A un certo punto della vita evitò di mostrarsi in pubblico e di farsi ritrarre perché, a causa delle sue restrizioni e del troppo esercizio fisico, la pelle era invecchiata precocemente. Il 10 settembre del 1898, durante una delle sue fughe da Vienna, incrociò l’anarchico italiano Luigi Lucheni. Costui la riconobbe e la pugnalò. Quel corsetto così stretto al quale lei stessa era così affezionata e che usava come mezzo di tortura per sembrare più magra, non riuscì a proteggerla dalla morte.
La vita di Elisabetta di Baviera
Elisabetta Amalia Eugenia, nacque il 24 dicembre 1837 a Monaco di Baviera, quarta dei dieci figli del duca Massimiliano Giuseppe di Baviera e di Ludovica di Baviera. Entrambi i genitori appartenevano alla famiglia Wittelsbach, il padre, però, discendeva da un ramo secondario dei duchi di Baviera, mentre la madre apparteneva al ramo principale della famiglia reale. Ma l’unione dei genitori non portò a un matrimonio felice. Il padre non era esattamente un esempio di uomo fedele, infatti, non particolarmente interessato alla vita familiare, ebbe numerose amanti e altrettanti figli illegittimi.
Elisabetta ebbe un’educazione non convenzionale al rango al quale apparteneva, tuttavia, trascorse la sua infanzia serena sia a Monaco nel palazzo di famiglia che nel castello di Possenhofen, una residenza molto amata dalla principessa, in quanto amante della natura. Venne cresciuta con molta semplicità, in modo da non sviluppare un carattere altezzoso e orgoglioso, tipico del mondo aristocratico di quel tempo; sin da piccola fu abituata a trascurare i formalismi e a occuparsi dei più deboli e sfortunati come poveri e infermi.
Il suo primo amore fu dei più sfortunati, il ragazzo da lei amato non venne ritenuto un buon partito per la posizione che ella ricopriva, in seguito morì precocemente ed Elisabetta ne fu così sconvolta da chiudersi in se stessa. In quel periodo la madre Ludovica era impegnata con le trattative di matrimonio tra la figlia Elena e l’imperatore Francesco Giuseppe I d’Austria, visto che la madre di quest’ultimo voleva accanto di suo figlio una moglie tedesca, rafforzando il ruolo dell’Austria nell’area germanica (la Prussia).
Ludovica decise di persuadere Elisabetta e di portarla con loro per la festa di fidanzamento della sorella, convinta di allontanarla alla malinconia nella quale era sprofondata, credendo di vagliare un suo possibile fidanzamento con il fratello minore dell’imperatore: Carlo Ludovico.
Tutti siamo al corrente di come andarono le cose, Francesco Giuseppe non fu ammaliano dalla bellezza di Elena, ma dalla timidezza e riservatezza di Elisabetta.
Le trattative con la Santa Sede ebbero inizio, il problema? Ottenere la necessaria dispensa papale era indispensabile, poiché gli sposi erano cugini di primo grado. Questa stretta parentela, come di consueto per quel tempo, non fu tenuta di conto, nonostante diversi membri della famiglia Wittelsbach avessero già mostrato le tare ereditarie della propria dinastia.
La rigidità del mondo Austriaco sottopose Elisabetta a dura prova: sin dal fidanzamento fino alle nozze venne assoggettata a un corso di studio intensivo, nella speranza di colmare le numerose lacune della sua scarsa educazione. Apprese la storia dell’Austria, le lingue stranieremo come il francese e l’italiano e il galateo in uso nell’Austria imperiale.
Anche il giorno delle nozze saggiò la giovane Sissi, dopo i numerosi festeggiamenti i novelli sposi furono condotti nella camera da letto, ma con la presenza soltanto dalle rispettive madri (contrariamente alle usanze del tempo che prevedevano la presenza di numerose persone), le nozze vennero consumate la terza notte.