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Il ritorno dell’affresco: perché l’arte murale sta conquistando le città moderne

L’affresco torna protagonista nelle città moderne: tra tecniche antiche e nuove visioni, l’arte murale diventa strumento culturale e civile.

Massimo 6 giorni fa Commenta! 4
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Ci sono immagini che non puoi ignorare. Passi accanto a un muro e… boom: ti fermi, lo guardi. Ti parla. Forse non te ne accorgi subito, ma quello che hai davanti è un’eredità antica che si fa attualissima. L’affresco – sì, proprio quello dei palazzi rinascimentali – è tornato. E lo sta facendo a modo suo, più audace, urbano, eppure ancora profondamente umano.

Contenuti
Ma davvero gli affreschi sono tornati?Perché l’arte torna sul muro?Tecniche antiche, visioni contemporaneeQuando l’arte parla alla città

Ma davvero gli affreschi sono tornati?

Trionfo di galatea di raffaello
Trionfo di galatea di raffaello

Sembra strano dirlo, ma è così. Dopo decenni di arte chiusa nei musei, il muro è tornato protagonista. Non parliamo solo di graffiti o di street art (che pure meritano rispetto e attenzione), ma di opere murali realizzate con tecniche tradizionali, o ispirate ad esse, che si inseriscono nel tessuto urbano con intenzioni precise: raccontare, provocare, rivelare.

A Roma, Firenze, Berlino, Madrid… si moltiplicano i progetti di artisti che, armati di pennelli, calce e colori, dialogano con lo spazio pubblico proprio come facevano i maestri del Quattrocento. Con meno oro, certo, ma con la stessa voglia di lasciare un segno duraturo.

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Perché l’arte torna sul muro?

C’è una risposta semplice: perché ne abbiamo bisogno. Dopo anni di pixel, filtri e schermi, qualcosa in noi cerca il contatto diretto con la materia, con la parete vera. Il muro non mente, non ha “like” né algoritmi. È lì. Solido. Presente. E chi lo dipinge ci mette dentro mani, fatica, tempo.

E poi – diciamolo – il muro è democratico. Non serve un biglietto, non ci sono orari. L’arte murale è per tutti, anche per chi non entra mai in una galleria.

Tecniche antiche, visioni contemporanee

Non parliamo solo di “spray” e stencil. Alcuni artisti stanno recuperando vere e proprie tecniche d’affresco, lavorando a strati su intonaco fresco, proprio come si faceva ai tempi di Giotto o Piero della Francesca.

È un gesto quasi rivoluzionario oggi, in un mondo dove tutto è veloce. Dipingere su un muro con la calce richiede tempo, pazienza, errori. Richiede – passami il termine – resistenza umana. Ed è forse anche per questo che lo spettatore ne resta affascinato.

Quando l’arte parla alla città

Pompei casa dei ceii

Un murale può raccontare storie dimenticate, denunciare un’ingiustizia, celebrare una figura locale o semplicemente farci riflettere. Ricordi il volto di David Bowie su un edificio di Brixton? O il murale femminista che ha fatto discutere a Istanbul? Quelle immagini restano, incidono. Non sono solo “decorazioni”: sono manifesti culturali a cielo aperto.

Anche in Italia, sempre più comuni riscoprono il potere degli affreschi urbani: da Orgosolo in Sardegna, a Dozza in Emilia-Romagna, fino ai nuovi progetti di rigenerazione urbana nelle periferie milanesi o torinesi.

E quando la comunità partecipa – magari con laboratori, racconti o memorie – l’opera diventa specchio collettivo, qualcosa di nostro.

E noi, davanti a un muro dipinto, che facciamo? Lo ignoriamo o ci fermiamo a guardarlo davvero? La prossima volta che cammini per strada… alza gli occhi. Potresti trovare un pezzo di bellezza lì dove meno te lo aspetti.

Seguici su Instagram @arteicrewplay per altri racconti d’arte urbana e condividi l’articolo se anche tu credi che l’arte debba tornare tra le persone.

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