Non un semplice ritorno, ma una confessione cantata: cosa ci racconta davvero Giorgia con “C’è da fare”?
Quando una voce come quella di Giorgia decide di tornare con un brano intimo e asciutto come C’è da fare, non è mai solo musica. È una dichiarazione d’intenti, una mappa emotiva, un dialogo interrotto che riprende in punta di voce.
Pubblicato nel 2019, il brano segna un momento particolare nel percorso dell’artista: dopo collaborazioni internazionali e incursioni nel pop sofisticato, C’è da fare riporta al centro la parola, spoglia l’arrangiamento e ci mette davanti a qualcosa che è più vicino a un pensiero a voce alta che a una hit da classifica.
Ma cosa ci dice davvero questa canzone? E perché continua a risuonare così forte in chi la ascolta?
Un titolo semplice, un mondo dietro: “C’è da fare” come mantra esistenziale
Il titolo sembra quasi buttato lì: C’è da fare. Quattro parole che usiamo tutti i giorni, a volte per scusarci, a volte per fuggire, a volte per non pensare. Ma Giorgia le trasforma in una lente per guardare la fragilità, l’inquietudine, l’attesa.
La canzone non parla di grandi gesti, né di svolte spettacolari. Parla di tutto ciò che resta in sospeso, di quella sensazione che qualcosa “ci sia da fare” — e nonostante questo, si rimanga immobili.
Testo e interpretazione: quando il quotidiano diventa poetico
Nel testo, Giorgia ci accompagna tra stanze che conosciamo bene: la fatica di esserci, l’ansia del dover essere all’altezza, il bisogno di respirare in un mondo che corre troppo. E lo fa con parole semplici, quasi sussurrate:
“C’è da fare, ancora tanto da fare / E io non so da dove cominciare”
Quante volte ce lo diciamo anche noi? La forza del brano sta proprio qui: non si erge sopra chi ascolta, ma scende accanto, si siede e resta in silenzio. È una canzone che non ti consola, ma ti fa compagnia.
Minimalismo sonoro, profondità emotiva
L’arrangiamento è ridotto all’osso. Pianoforte, archi leggeri, qualche accenno elettronico. Ma proprio grazie a questa sottrazione, la voce di Giorgia emerge in tutta la sua verità.
Non c’è virtuosismo, non c’è la potenza a cui ci aveva abituati. C’è la scelta di mostrarsi umana. E questo rende il brano ancora più forte.
In un tempo in cui tutto tende al rumore, C’è da fare fa del silenzio una dichiarazione.
Un manifesto del nostro tempo?
Ascoltare questa canzone oggi, in un’epoca di sovraccarico emotivo e produttività obbligata, è come leggere un piccolo manifesto dell’anima contemporanea:
- Abbiamo sempre qualcosa da fare, ma non sappiamo più cosa sentire.
- Viviamo per compiti, ma perdiamo il senso.
- Ci muoviamo, ma non ci fermiamo mai abbastanza per capire dove stiamo andando.
Ecco perché C’è da fare tocca corde profonde, al di là della sua apparente semplicità.
Una canzone che non chiede risposte
In un’epoca in cui tutto deve essere risolto, Giorgia ci offre una canzone che non promette salvezza. Non chiude un cerchio. Non dice che andrà tutto bene. Dice solo che c’è da fare.
E in quella frase, così ordinaria, così quotidiana, così umana, troviamo tutta la verità di un’artista che ha saputo ascoltare — prima se stessa, poi chi la ascolta.
Tu come l’hai vissuta la prima volta che hai ascoltato C’è da fare? Hai sentito anche tu quel nodo alla gola che non ha bisogno di spiegazioni? Raccontacelo nei commenti o vieni a parlarne con noi su Instagram.