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Lavorare per una Casa d’aste, andiamo a scoprire come funziona

Milena ci porta a scoprire come funziona una Casa d'aste e il dietro le quinte che porta un'opera d'arte a essere valuta e venduta

Tutti almeno una volta nella vita siamo rimasti attoniti alla notizia di questo o quell’oggetto artistico battuto all’asta per cifre da capogiro, chiedendoci come fosse possibile un giro tale d’affari. Una delle più clamorose aste è stata senz’altro quella che vide protagonista nel 2018 un quadro di Banksy, il più famoso e dissacrante street artist mondiale (qui puoi trovare l’articolo dedicato alla sua ultima impresa), tratto dall’opera The girl with the red balloon.

Non appena il battitore dichiarò l’opera venduta alla “modica” cifra di un milione di sterline, un meccanismo all’interno della stessa, sembra azionato dall’artista  presente in incognito in sala, fece partire un trita documenti che tagliò il disegno a striscioline fino a quasi metà del quadro. Impagabili le espressioni allibite dei presenti in sala. Alla fine l’acquirente decise di tenere il quadro così, perché come disse poi: “Dopo il colpo di martello la settimana scorsa, quando il lavoro è stato distrutto, sono rimasta scioccata, ma gradualmente ho iniziato a rendermi conto che avrei finito per avere un pezzo di storia dell’arte”.

Per approfondire l’argomento, ne parliamo con Milena Poloni che lavora presso al casa d’aste internazionale Dorotheum a Milano.

Il mondo delle opere d’arte messe all’asta

Cosa ti ha portato ad avvicinarti al mondo delle aste?

Mi sono “scontrata” quasi per caso con la Dorotheum quasi 8 anni fa, in un periodo della mia vita nel quale avevo progetti completamente diversi: universitaria, con il sogno di girare il mondo per lavoro, cercavo un’occupazione per conciliare, come tantissimi altri miei colleghi, studio e lavoro. Ho risposto ad un annuncio anonimo, su un noto giornale italiano, dove un’azienda con solo un numero di telefono cercava una receptionist e nel giro di qualche mese, mi sono trovata a lavorare in un mondo di cui non sapevo assolutamente nulla se non quel poco di storia dell’arte che si studia a scuola.

Per me non è stato facile, soprattutto all’inizio: mi sono trovata fin da subito a maneggiare opere con valori importanti, con il terrore di poterle danneggiare e, soprattutto, a trattare con clienti abituati a parlare con persone “del campo” che snocciolavano nomi di artisti, collezioni e collezionisti che non avevo mai sentito prima. Con il tempo sono diventata più abile e sicura, ho imparato moltissimo con l’esperienza ma so che ho ancora moltissimo da imparare su un mondo tanto vasto quanto affascinante, in continua evoluzione.

Raccontaci come funziona e cosa può essere messo all’asta.

Cosa può essere messo all’asta credo sia una delle domande più difficili a cui rispondere: solo noi di Dorotheum abbiamo circa una quarantina di dipartimenti che trattano quasi tutto quello che può essere considerato arte o collezionabile, sul mercato però ci sono tante altre aziende del settore che trattano praticamente qualsiasi cosa. Senza considerare il fatto che moltissimi dipartimenti hanno confini incerti: ci sono opere di Design progettate da famosi artisti, gioielli d’autore, oggetti d’antiquariato mascherati con dipinti, ecc… ecc…

Ci sono ovviamente dei limiti, che dipendono da vari fattori. Approcciarsi ad una casa d’aste significa entrare a contatto con una realtà che ha a che fare con persone interessate al mercato attivo, pertanto è poco probabile che proponendo un “dipinto” di un autore sconosciuto o di “nonno Peppe” si diventi ricchi, così come ogni casa d’aste ha le proprie specializzazioni e non tutto può essere economicamente rilevante alla vendita.

Fare un’asta è un processo lungo, fatto di vari attori e lavoro di squadra, soprattutto quando si fa parte di una realtà grande ed internazionale come la nostra. Senza dubbio nulla avrebbe luogo senza la figura degli esperti: studiosi, conoscitori del mercato e del suo andamento, dei collezionisti e degli operatori di settore. Il loro lavoro non è solo “reperire” opere, sono persone con una profonda conoscenza di quel determinato settore ed il lavoro è legato anche ad un costante studio degli andamenti di mercato, perché domanda ed offerta si incontrino massimizzando la possibilità di vendita.

Il mercato dell’arte non è certo lineare: nel mio percorso di lavoro ho visto artisti poco conosciuti prendere piede, realizzando cifre da record, per poi ristabilizzarsi a livelli più contenuti, il tutto nel giro di un paio d’anni. E’ un lavoro impegnativo, associabile ad una figura commerciale, che richiede moltissimi spostamenti sia a livello lavorativo che a scopo di aggiornamento nelle varie fiere internazionali.

Alle loro spalle, c’è sempre un team che si occupa di tutto quello che sta “dietro” alle opere: chi studia l’opera e ne scrive i testi, spesso con l’aiuto di studiosi, archivi e cataloghi ragionati, chi si occupa della redazione dei Condition Report, chi della documentazione per l’esportazione delle opere d’arte, chi del rapporto con i clienti, fotografi professionisti e, nel nostro caso, una realtà storica ed internazionale che organizza materialmente l’asta fisica, dei cataloghi e si occupa di tutta la burocrazia pre- e post-asta.

Sono soprattutto i fattori di “studio” ed “esportazione” quelli che allungano notevolmente il tempo che passa tra la consegna di un bene e l’asta effettiva, legati soprattutto a fattori esterni, come la disponibilità degli studiosi e degli archivi o l’ottenimento dei permessi per la vendita all’estero delle opere d’arte, fondamentali non solo per chi, come noi, fisicamente vende le opere all’estero ma anche per chi, anche se sul territorio nazionale, si interfaccia ad un mercato internazionale.

L’asta fisica è il momento più interessante in assoluto a cui partecipare ma rappresenta il picco di lavoro più intenso poiché si ha una prima panoramica dell’interesse riscontrato e si cerca di fare in modo che il numero più alto di opere possibile sia coperto, minimizzare gli invenduti e massimizzare le vendite.

Oggi come oggi l’arte può essere ancora considerata “bene di rifugio”?

Sì e no.

L’arte è sicuramente ANCHE una forma di investimento ma, come accennavo, il mercato dell’arte è molto variabile e per fare questo genere di transazioni bisogna conoscerlo bene e sapersi anche prospettare lunghe attese prima che si possa nuovamente monetizzare. Certamente non è una regola generale, ci sono artisti per il quale il mercato è stabile da tantissimo tempo, opere letteralmente senza tempo che richiamano sempre un fortissimo interesse.

Come tutto, anche il mercato dell’arte risente dell’andamento dell’economia mondiale e delle situazioni politiche.

Tuttavia esiste ancora una fascia di persone che acquistano per gusto o collezionismo, sono comunque parte di una fascia di popolazione con un potere d’acquisto medio-alto che, fortunatamente per noi, è tutt’altro che una nicchia.

Il vostro lavoro viene visto come qualcosa di estremamente serio e professionale, hai anche aneddoti divertenti da raccontare?

In otto anni di lavoro a contatto con il pubblico ne ho viste letteralmente di tutti i colori. Sicuramente, tra le cose più divertenti che mi sono capitate,ci  sono le richieste di valutazione di cose improbabili, da disegni di bambini fatti a pastello a cera su foglio A4 e spediti per posta a fotografie digitali nelle quali i clienti sostenevano di vedere immagini sacre, o ancora estrosi personaggi che, per certificazione di autenticità di un’opera, avevano inviato un video di YouTube con la registrazione di un programma TV della domenica di Rai1 dove presentavano la loro idea innovativa.

Un’altra cosa che mi fa sempre sorridere è la tipologia di furti che abbiamo subìto da quando lavoro qui: un profumatore per ambienti con gli stecchi, un distributore di carta per le mani, cancelleria e bicchieri. Due volte all’anno facciamo anche delle esposizioni nella nostra filiale di Milano, ed è molto divertente vedere alcune persone, magari approcciate per la prima volta a questo mondo, indecise se la sedia nell’angolo sia effettivamente una sedia o un’opera d’arte.

Fortunatamente, comunque, il nostro è un team veramente giovane e, al di là della serietà necessaria sul lavoro, ci concediamo anche momenti di leggerezza e risate, anche con i clienti, soprattutto con quelli con cui collaboriamo da anni e con i quali abbiamo stabilito ottimi rapporti.

Cosa dovrebbe fare un giovane che vuole entrare in questo mondo?

Al di fuori del mio caso specifico e nonostante ci siano numerose case d’aste sia a livello nazionale sia internazionale, è un lavoro che non offre moltissime possibilità. Il consiglio è senza dubbio di fare corsi universitari specifici e, purtroppo, mettere in conto che si tratta di un percorso lungo, che richiede costante aggiornamento e nel quale è necessario farsi conoscere. Esistono percorsi di studio organizzati dalle case d’aste più famose al mondo che tuttavia non garantiscono l’immissione in questa particolare branca del mondo dell’arte.

Ci sono poi moltissime figure professionali che collaborano con le case d’aste ed altri operatori di settore: gallerie, restauratori, archivi, sovrintendenze ai beni culturali… in qualsiasi caso, dimostrarsi proattivi, realmente interessati ad una crescita personale e dimostrare di aver voglia di mettersi in gioco, oltre a precisione e, nei limiti del possibile, spirito d’iniziativa, sono qualità che aiutano a “farsi notare”.

E’ importante saper stabilire una rete di connessioni positiva: anche case d’aste che possono sembrare “concorrenti” in realtà sono strettamente connesse e si influenzano a vicenda sotto moltissimi aspetti, anche e soprattutto per quanto riguarda gli attori coinvolti.

Un mondo sicuramente interessante e affascinante che ne dici, Icrewer?

(foto di Roberto Gobbo)

Icrewer, ti piacerebbe far parte di questo mondo?

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