Margaret Keane è la protagonista del film Big eyes di Tim Burton che proprio l’altra sera ho tentato per l’ennesima volta di guardare. Ora non so quale congiunzione astrale faccia sì che io non riesca mai a vederlo tutto, ma anche stavolta è successo. Mi è rimasta però la voglia di saperne di più su questa pittrice e quindi ho deciso di fare qualche ricerca.
Margaret Keane, uno stile particolare e poetico
Peggy Doris Hawkins, vero nome di Margaret D. H. Keane, nasce a Nashville, Tennessee, il 15 settembre 1927, ma è a San Francisco, dove si trasferirà in seguito che comincerà a dipingere. La particolarità delle sue opere sono gli occhi grandi e sproporzionati rispetto al volto su cui sono dipinti. Negli anni ’50 i suoi quadri hanno un discreto successo, Andy Warhol in persona afferma che “Keane ha fatto delle cose magnifiche. Devono per forza essere belle. Se non fossero belle, non piacerebbero a così tanta gente”, ma nonostante questo non sono molto considerati dalla critica.
Negli anni ’60, sposa Walter Keane, anche lui pittore e comincia una proficua produzione di quadri che però mette in vendita con il nome del marito, pensando che, in quanto donna, non verrebbe presa troppo in considerazione. I quadri hanno successo e sono molto richiesti nonostante siano molto cupi, ma tutti pensano che l’autore sia Walter. Le cose tra i due non vanno però bene, Margaret si sente defraudata di quel successo che le apparterrebbe di diritto e che il marito sembra non voglia dividere con lei.
Nel 1964 lascia Keane e si trasferisce con la figlia avuta dal precedente matrimonio, a Honolulu, nelle Hawaii, dove conosce il giornalista sportivo Dan McGuire che sposerà nel 1970, anno in cui per la prima volta dichiara pubblicamente di essere lei l’autrice di tutti i quadri attribuiti all’ex marito. Lui però nega la cosa tanto che lei nel 1986 lo citerà in giudizio insieme al quotidiano USA Today che aveva dato spazio a un’intervista in cui Walter rivendicava la paternità delle opere.
Il processo è complicato, tutti e due affermano di essere gli autori e nessuno si smuove da quella posizione. Il giudice decide allora di far dipingere davanti alla Corte un quadro a testa per capire chi dei due dica la verità. Walter Keane, adducendo problemi a una spalla, si rifiuta di dipingere, Margaret completa la sua opera in 53 minuti. Dopo tre settimane di processo, la giuria decreta che Margaret Keane è l’autrice dei quadri e condanna l’ex marito a una multa di 4 milioni di dollari che verrà poi annullata nel 1990, pur rimanendo il reato di diffamazione e assolve la testata giornalistica.
I suoi quadri, tanto cupi quando viveva con Walter, una volta trasferita alle Hawaii diventano luminosi e i suoi bambini (o “figli” come li definisce lei) appaiono felici. Molte star di Hollywood le commissionano ritratti, arriva persino a ritrarre i figli del compianto presidente John Fitzgerald Kennedy, Carolyn e John. Nel 1992 apre la sua Keane Eyes Gallery a San Francisco, CA e continua a dipingere. I suoi quadri sono esposti in vari musei di tutto il mondo, l’opera “Our children” è nell’esposizione permanente alle Nazioni Unite, i Grandi occhi dei suoi ritratti ispirano giocattoli, bambole e personaggi dei cartoni animati.
Tim Burton, appassionato collezionista delle sue opere, decide di dedicarle un film nel 2014, nasce così Big eyes che racconta proprio del periodo più difficile della carriera e della sua vita privata quando era sposata con Walter. Nel film viene interpretata da Amy Adams, mentre la parte di Walter (che nel frattempo era morto nel 2000 senza mai ammettere che lei era la vera autrice dei quadri) fu assegnata a Christoph Waltz. Margaret Keane appare in un piccolo cameo interpretando un’anziana signora seduta su una panchina.
Attualmente Margaret continua giornalmente a dipingere, nonostante l’età e i problemi di salute, mantenendo quello stile particolare che l’ha fatta conoscere al mondo.
Film stupendo! La vicenda è la tremenda conferma di quanto sia stata (per certi versi ancora è ) complicata la considerazione e l’affermazione di una donna di talento e di quanto maggiormente debba lottare per dimostrare al mondo le sue potenzialità – nonostante ne possa uscire ‘vincente’, nessuno le renderà gli anni di vita sofferti –
L’unica cosa che nessuno potrà mai più portarle via è la sua arte. Bravo Burton, che ha fatto onore alla sua storia!
Grazie del tuo commento!