Banksy e il Lanciatore di fiori: una causa che dura da due anni e che opponeva l’artista di Bristol a una piccola azienda inglese, la Full Colour Black, che aveva adoperato la famosa immagine del Flower Thrower per una cartolina d’auguri da mettere in vendita e che si è conclusa il 14 settembre con una sentenza emessa dall’Ufficio dell’Unione europea per la proprietà intellettuale (EUIPO).
Tale sentenza stabilisce che Banksy non può vantare diritti sull’immagine a causa della sua scelta di operare nell’anonimato. Non può quindi essere riconosciuto come il legittimo proprietario dell’opera.
La Pest Control Office, azienda che cura le relazioni di Banksy, aveva registrato il Flower Thrower come marchio nel 2014, ma secondo la tesi dell’EUIPO, l’artista avrebbe fatto ciò per aggirare le leggi sul diritto d’autore che gli avrebbero imposto di uscire dall’anonimato, ma non ha mai sfruttato il marchio per farne uso commerciale (a questo infatti servirebbe la registrazione).
Nel marzo 2019 la Full Color Black cercò di ottenere la cancellazione del marchio, sostenendo che fosse registrato in malafede, poichè non ne veniva fatto un uso commerciale. In risposta a ciò Banksy aprì un negozio, il Gross Domestic Products dichiarando però che tale azione fosse “probabilmente la ragione meno poetica per fare arte”.
E inoltre aggiunse:
“Un’azienda di cartoline d’auguri sta contestando il marchio fondato sulla mia arte nel tentativo di prendere in custodia il mio nome, così che loro potranno vendere legalmente il loro finto merchandising marchiato Banksy”.
Questa azione purtroppo ha aggravato la posizione di Banksy, poichè dal 2019 non ha venduto alcun oggetto con l’immagine del Flower Thrower, pertanto l’EUIPO vede in tutto ciò una chiara intenzione di aggirare la legge per non perdere l’anonimato.
Le sue opere sono quindi a rischio poichè la Full Color Black ha contestato i marchi di altre sei opere dell’artista.
La questione così controversa spinge quindi ad interrogarsi sul valore e sulla funzione dell’arte, sull’etica e sull’estetica. Caro Icrewer, secondo te Banksy dovrebbe svelare la sua identità per vedere riconosciuti i diritti d’autore? Oppure quest’azione, sebbene effettuata nel nome della tutela e della legalità andrebbe a sminuire il fascino e la carica sovversiva dell’artista?
Riusciresti seriamente a riflettere sul significato profondo delle opere di Banksy o ti limiteresti ad esprimere quelle mode da finto anticonformista attraverso l’esibizione delle sue opere su un tatuaggio, una maglietta o un altro gadget?
Come sempre Banksy riesce nel suo intento. Far sì che i fruitori si pongano delle domande e raggiungere ampi strati di pubblico. Andiamo ora ad analizzare Flower Thrower e alcune significative dichiarazioni di Banksy.
Banksy e Flower Trower
Il contesto in cui nasce Flower Thrower di Banksy è quello di Israele e del muro di separazione con la Cisgiordania. Dall’agosto del 2005, lo street artist comincia a realizzare murales lungo la barriera di separazione israeliana. Combina tecniche diverse ed utilizza il Trompe-l’œil per dare la sensazione di permettere di vedere cosa c’è dall’altra parte.
Nel 2007 ritorna a Betlemme dove realizza Flower Thrower. Il protagonista è un ragazzo dal volto coperto colto nell’azione di lanciare una bomba molotov, ma al posto della bomba ha in man un mazzo di fiori. L’opera originale è stata realizzata su un muro privato. E’ in bianco e nero ad eccezione dei fiori, i cui colori fanno risaltare maggiormente il messaggio di pace.
L’immagine è stata riprodotta sulla copertina del libro di Banksy Wall and Piece, una raccolta dei suoi lavori del 2005 edita da Feltrinelli ed inoltre è tra le opere più riprodotte in forme di magliette, tatuaggi e altri gadget.
Banksy nelle sue opere condanna il capitalismo, le guerre, l’emarginazione e tratta delle tematiche ambientali. Condanna quindi la mercificazione dell’arte e i circuiti chiusi. L’uso dell’anonimato è pertanto coerente con la sua poetica finalizzata a lanciare messaggi sociali sui muri della città per arrivare proprio a tutti, dal bambino, all’anziano, passando per l’intellettuale, il lavoratore, uomini e donne di vari livelli sociali e culturali.
Egli infatti dichiara:
«L’arte che guardiamo è fatta da solo pochi eletti. Un piccolo gruppo crea, promuove, acquista, mostra e decide il successo dell’Arte. Solo poche centinaia di persone nel mondo hanno realmente voce in capitolo. Quando vai in una galleria d’arte sei semplicemente un turista che guarda la bacheca dei trofei di un ristretto numero di milionari»
La bellezza è anche ribellione al mercato e alle logiche che privilegiano le classi sociali più elevate e che escludono i meno abbienti, che vogliono elevare la propria condizione, da ogni circuito.
Caro Icrewer,cosa ne pensi di questa controversa vicenda?