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Dietro le quinte delle biennali minori: vale la pena visitarle?

Le biennali minori sono davvero meno interessanti? Vi portiamo dietro le quinte di eventi sorprendenti che stanno ridisegnando la mappa dell’arte contemporanea.

Massimo 1 mese fa Commenta! 5
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Quando si parla di biennali, subito la mente corre a Venezia. Poi magari a Berlino, a San Paolo, a Lione. Ma al di fuori dei grandi circuiti internazionali, ogni due anni (o anche meno) si aprono spazi meno battuti, in città che spesso non assoceremmo all’avanguardia artistica. Eppure, è proprio lì che accadono le sorprese più vive, le domande più urgenti, le sperimentazioni più sincere. Vale la pena visitarle? La risposta, se ami davvero l’arte, è: assolutamente sì.

Contenuti
Biennali minori? No, biennali diversePiù domande, meno vetrinaUn pubblico diverso (e più coinvolto)Dove andare? Alcuni esempi da tenere d’occhioPerché dovresti andarci (almeno una volta)Le biennali meno famose sono il futuro dell’arte globale?

Biennali minori? No, biennali diverse

Il termine “minore” andrebbe usato con cautela. Non è una questione di qualità, ma di visibilità, risorse, e contesto geopolitico. Manifestazioni come la Biennale di Tirana (Albania), Kaunas (Lituania), Cuenca (Ecuador), Lagos (Nigeria), o la Larnaca Biennale (Cipro), nascono da ecosistemi culturali più fragili, spesso meno istituzionalizzati. E proprio per questo hanno uno spirito più libero, meno vincolato da logiche di mercato o da dinamiche di brand.

Più domande, meno vetrina

Queste biennali non espongono per vendere. Espongono per mettere in discussione, per attivare comunità, per creare legami fra arte e territorio. L’artista non arriva con l’opera già pronta, ma spesso la produce sul posto, in dialogo con la storia e le contraddizioni del luogo. Il risultato è un’arte più situata, meno patinata e più coraggiosa.

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In molti casi, si lavora con budget ridottissimi. Ma proprio questo porta a soluzioni inaspettate: performance itineranti, installazioni in case private, mostre nei mercati, nelle scuole, nei centri sociali. E a chi partecipa – artisti e visitatori – viene chiesto qualcosa di raro: attenzione, partecipazione, tempo reale.

Un pubblico diverso (e più coinvolto)

Chi visita una biennale minore non lo fa per moda o per scattare la foto davanti all’opera Instagram-friendly. Spesso si tratta di curiosi, artisti locali, studenti, persone del posto che magari non frequentano musei ma trovano nell’evento un’occasione per confrontarsi, per raccontarsi.

È un pubblico meno specializzato ma più autentico. E questo si sente. L’atmosfera non è quella di una fiera: è quella di una festa collettiva. Ci si conosce, si parla, si scambiano contatti. Si assiste a una mostra e poi si mangia insieme. Si vive l’arte come parte della vita, non come oggetto da consumo.

Dove andare? Alcuni esempi da tenere d’occhio

Biennali  | simone leigh biennale di venezia 2022
  • Biennale di Tirana: giovane, audace, spesso centrata su temi legati all’identità post-socialista e alla ricostruzione culturale. Perfetta se vuoi capire come l’arte affronta le trasformazioni urbane e politiche nei Balcani.
  • Kaunas Biennial: tra le più longeve dell’Est Europa, ha puntato negli anni su arte pubblica, tessile e sperimentazione sociale. Un laboratorio a cielo aperto in una città UNESCO per il design.
  • Larnaca Biennale: nel cuore di Cipro, incrocia arte contemporanea e patrimonio archeologico. Le location sono sparse tra edifici storici e spazi improvvisati, in una dimensione quasi mediterranea e intima.
  • Lagos Biennial: un punto di riferimento per la scena africana contemporanea, con un approccio radicale, urbano e spesso politico. Qui l’arte è strumento di resistenza, non decorazione.
  • Bienal de Cuenca (Ecuador): tra le più importanti dell’America Latina, affronta temi di decolonizzazione e migrazione, con artisti emergenti e consolidati da tutto il continente.

Perché dovresti andarci (almeno una volta)

Perché ti ricorderai che l’arte non vive solo nei padiglioni dorati. Perché tornerai con qualcosa in più: una storia, un incontro, una mostra vista da solo, in una scuola elementare o in una sala comunale. Perché uscirai dal circuito e capirai cosa può essere l’arte quando non ha nulla da vendere e tutto da dire.

Le biennali meno famose sono il futuro dell’arte globale?

In un sistema sempre più globalizzato, dove le stesse opere viaggiano da una fiera all’altra, le biennali “minori” sono oggi i laboratori dove si sperimentano forme nuove di relazione: tra artisti e territori, tra arte e cittadinanza, tra locale e globale. Non sono solo tappe alternative. Sono spazi di resistenza culturale.

Hai mai partecipato a una di queste? Ti ha sorpreso qualcosa? Raccontacelo nei commenti o su Instagram.
@icrewplay_arte – perché ogni esperienza fuori rotta merita di essere condivisa.

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