Franca Valeri, è andata via all’alba dei suoi 100 anni, compiuti lo scorso 31 luglio. In punta di piedi e circondata dall’affetto della sua famiglia, è andata via con leggerezza, questa grande maestra di ironia e di intelligenza. Ha sfidato fino all’ultimo la morte che a mio parere è una “Signora dalle molteplici maschere”, ma che di fronte alla forza di Franca ha deciso di tenersi un passo indietro, lasciandole compiere quei passaggi fondamentali per il raggiungimento del secolo. Portare sul palcoscenico il Parkinson le ha attribuito una grande forza.
Il 10 luglio sarà allestita la camera ardente dalle 17 alle 21 al Teatro Argentina e i funerali si svolgeranno in forma privata. Si ricongiungerà anche se in altra forma e probabilmente in altra sostanza all’amato teatro.
”Ogni volta che mi illudo d’incontrare quel signore che ritengo sia il teatro, mi rendo conto di vivere la più bella illusione della mia vita”
Noi di Icrewplay Arte ne abbiamo parlato in occasione del meritatissimo David di Donatello speciale alla carriera, ricevuto venerdì 8 maggio 2020 con la seguente motivazione:
“Franca Valeri è un’icona dello spettacolo e della cultura italiana, tra radio e cinema, teatro e TV, finora mai candidata o premiata al David. Eppure con un lampo unico di creatività è stata proprio lei ad aver letteralmente rivoluzionato la comicità e l’immagine femminile del secondo dopoguerra con l’invezione dei personaggi simbolo: La signorina Cecioni, la Signorina Snob, Cesira la manicure.”
Caro Icrewer oggi ci occuperemo della carriera teatrale di Franca Valeri, vero nome Franca Maria Norsa, secondogenita di una famiglia milanese. Il padre era di religione ebraica, la madre cattolica. Coltivò sin da giovane la passione per il teatro di prosa e per il teatro operistico musicale. Dopo l’8 settembre 1943 suo padre trovò rifugio in Svizzera e lei rimase a Milano con la madre. Riuscì ad evitare la deportazione grazie ad una falsa carta di identità che le procurò un impiegato dell’anagrafe. Divenne amica della scrittrice Camilla Cederna, dell’attrice Nora Ricci e del Regista Giuseppe Patroni Griffi.
Franca Valeri: l’esordio in teatro
Franca Valeri esordì nel 1947 nel personaggio di Lea Labowitz, ebrea innamorata di un Rabbino, spettacolo scritto e diretto da Alessandro Fersen. Entrò a far parte del Teatro dei Gobbi nel 1949, compagnia formata da Alberto Bonucci e Vittorio Caprioli. Si trasferirono a Parigi dove diedero vita ai Carnet de Notes n.1 e poi nel 1950 ai Carnet De Notes n. 2. Gli spettacoli erano composti da Sketch satirici sulla società. Diedero vita a un teatro privo di scene e costumi con l’intento di suscitare nello spettatore, l’impressione che il personaggio fluisse nell’immediato e in maniera spontanea. Da quest’esperienza ebbe origine un celebre personaggio della Valeri: La Signorina Snob.
Era una comicità che andava a punzecchiare tutte le manie e i difetti dell’umanità. I tempi erano rapidi e le scene erano scandite da ritmi precisi e gesti dinamici ed efficienti. Nel 1951 il Teatro dei Gobbi si trasferì a Roma nell’ex Sala Arlecchino, dove nel dopoguerra gli artisti si esibivano in rapidi bozzetti scenici. Così anche la comicità del trio Valeri-Caprioli-Bonucci pose le sue basi su questi efficaci “bozzetti-lampo”.
Franca Valeri e Testori: “Caterina di Dio” e “La Maria Brasca”
Il 10 gennaio 1948 Franca Valeri andò in scena al teatro della Basilica di Milano con Caterina di Dio, scritta da Giovanni Testori, regia di Enrico D’Alessandro. La giovane attrice interpretava il ruolo di Santa Caterina da Siena. Il testo, del quale oggi non si trova traccia, prevedeva la forma del metateatro per cui la Santa faceva irruzione sul palcoscenico vuoto dove tutti gli attori erano impegnati nella messinscena della storia di Santa Caterina da Siena. L’ingresso di Caterina metteva a nudo una serie di criticità, pertanto i personaggi erano costretti a fare una confessione. Mario Apollonio, docente universitario della Cattolica di Milano che allora era Direttore artistico del Teatro della Basilica, sostenne l’opera di Testori perchè era favorevole alla nuova drammaturgia e perchè giudicava il lavoro “uno dei più singolari drammi sacri del dopoguerra”.
Nel 1960 Franca Valeri si confrontò ancora con un’opera di Giovanni Testori, La Maria Brasca, che andò in scena al Piccolo di Milano per la regia di Mario Massiroli assistente di Giorgio Strehler. Testori è noto per la sua complessa ricerca sulla parola, che attinge agli operai lombardi, ma anche al mondo del Cabaret milanese, di cui la stessa Franca Valeri faceva parte. Per Testori la parola doveva essere “non più al servizio di un messaggio da comunicare, ma si fa essa stessa azione”. Il suo personaggio femminile doveva essere pulsante di carne e sangue, allegro e vitale, poichè come egli stesso affermava: “La Lombardia è piena di donne come la Brasca”. Pertanto scrisse questo personaggio pensando alla Valeri, poichè la riteneva “L’unica attrice italiana che sia capace di dire: “si sieda e aspetti un momento” senza strascicare le parole come un’attrice d’accademia”.
Per queste preziose informazioni su Testori ringrazio la studiosa Giuditta Fornari che ha messo on-line la sua interessante tesi di dottorato del 2017 dal titolo: Giovanni Testori: “Performances” di drammaturgia. Indagine sul Rapporto tra scrittura per la scena e modalità performativa nel teatro dell’artista lombardo.
Nel 1948 lavorò con Sergio Tofano, attore fondamentale nella storia del nostro spettacolo, abile sia come primo attore, che come attore brillante, illustratore, autore, regista, pittore, alla messinscena delle seguenti opere: Un curioso accidente di Carlo Goldoni, Pensaci Giacomino di Pirandello, Bonaventura veterinario per forza, scritto e diretto da Sergio Tofano. In quest’ultima opera scritta dallo stesso Tofano, Franca Valeri interpretò il ruolo di un cane bassotto. Tra i due artisti c’era sintonia per la capacità di mettere in evidenza gli aspetti assurdi e surreali della realtà.
Franca Valeri autrice e regista
Franca Valeri è stata anche una valida autrice, lavoro per lei necessario e funzionale, poichè la sua particolare comicità ha avuto origine da una grande cultura, intelligenza e ragionamento. Scrive L’arcisopolo e Questa qui, quello là, che realizza con il compagno di scena Vittorio Caprioli, il primo nel 1955 con la regia di Luciano Salce, il secondo nel 1964 per la sua stessa regia. Nel 1968 scrisse e interpretò Meno storie. Nel 1981 scrisse e diresse Le donne che amo, mentre nel 1987 curò la regia di Ho due parole da dirvi di Jean Pierre Delage, Nel 1996 scrisse Sorelle ma solo due per le regia di Aldo Terlizzi. Nel 2011 curò la regia di La bruttina stagionata, interpretato da Gabriella Franchini. Nel 2013 curò la regia di Parliamone.
Scrisse Tosca e le altre due, una divertente commedia che interpretò con Adriana Asti. La comicità e il melodramma si condensano in quest’opera dove Franca Valeri si ritagliò l’esilarante personaggio di Emilia, la portiera di Palazzo Farnese. La Tragedia di Tosca è stata così filtrata e stemperata dal punto di vista delle due amiche Emilia (Franca Valeri) e Iride (Adriana Asti) che ascoltavano lo svolgimento della tragedia al piano di sopra e commentano divertite.
Franca Valeri e Giuseppe Patroni Griffi
Il sodalizio di Franca Valeri con Giuseppe Patroni Griffi fu molto lungo e intenso. L’attrice lavorò con lui in Luv di Murray Schisgal, con Walter Chiari e Gianrico Tedeschi, Il bell’indifferente di Jean Cocteau , con Remo Girone Fior di pisello di Edouard Bourdet nel 1990, Una volta nella vita di Moss Hart e Gorge Kaufman nel 1991, Il Giuocatore di Carlo Goldoni nel 2004. In un’intervista in cui Franca Valeri ricordò l’amico e collega sottolineò che alla base della vita artistica e privata del regista c’è la visione dell’amicizia come una “disciplina profonda e necessaria”. L’opera e la vita di Patroni Griffi è stata quindi “permeata di questo sentimento”, continuò la Valeri.
Nel 2004 Patroni Griffi presentò al Teatro Eliseo di Roma Il Giuocatore, commedia poco popolare di Goldoni, ma con forti spunti di riflessione sociale sul tema del gioco. Il protagonista fu Urbano Barberini nei panni di Florindo, mentre Franca Valeri interpretava un piccolo ruolo, quello dell’anziana Gandolfa, che svelò però la grandezza dell’interprete. L’attrice affermò che il personaggio le forniva lo spunto per lavorare su “una comicità basata sulla realtà”. La donna anziana e ricca che propone al giovane pieno di debiti di gioco il matrimonio è infatti una realtà eterna e universale che va oltre il tempo di Goldoni. Ed è per questo che la Valeri ha sempre amato l’autore veneziano con le sue trame e i suoi caratteri.
https://www.youtube.com/watch?v=QCRevrz-FOY
Franca Valeri e gli anni Duemila
Nel triennio 2003-2005 e poi nel 2011 portò in scena La vedova Socrate , un monologo scritto da Franca Valeri, ispirato al testo La morte di Socrate di Durrenmatt. L’attrice interpretava Santippe , vedova del filosofo Socrate e creò il ritratto di una donna ironica, pragmatica e saggia. Di recente sua figlia Stefania Bonfadelli ne ha curato la regia e ha affidato la parte della protagonista a Lella Costa.
Con la regia di Giuseppe Marini affrontò insieme ad Annamaria Guarnieri un testo difficile, onirico, folle e surreale: Le serve di Genet nel 2006. Con Pino Strabioli rivisitò i Carnet de notes 2008 per la regia di Giuseppe Marini.
Tra il 2014 e il 2015 scrisse la commedia Il Cambio dei cavalli e andò in scena con Urbano Barberini, attore che l’ha seguita per molti anni, per la regia di Giuseppe Marini. Il suo ruolo era quello di un’anziana donna che aveva un ruolo pacificatrice tra il compagno defunto e il protagonista interpretato da Urbano Barberini, figlio dell’uomo defunto. Un uomo ricco, ma profondamente insoddisfatto dalla vita. Potenziali conflitti generazionali che venivano sanati proprio dal modo in cui l’attrice portava la vecchiaia in scena: con dolcezza, ironia e la giusta dose di distacco e leggerezza.
Pur essendo una donna poliedrica non ha mai smesso di amare il teatro che nella sua vita è sempre stato messo al primo posto:
“Ero una gigiona, l’applauso mi appagava completamente. Una specie di estasi. No, non mi sono mai chiesta le ragioni “psicoanalitiche”… Si trattava di un dato di fatto. Avevo un’attitudine alla gioia: sapevo cogliere gli attimi (la felicità è latente, sta negli attimi). E sapevo di chi circondarmi, chi mi andava a genio.”
Caro Icrewer ti abbiamo dato un quadro della carriera teatrale di Franca Valeri, poichè la Signorina Snob e la Sora Cecioni sono stati non etichette, ma punti di partenza per una ricerca teatrale, umana e intellettuale in cui profondità e leggerezza sono sempre stati sullo stesso piatto della bilancia.