160 anni fa, esattamente l’11 febbraio 1860, nasceva l’artista Giulio Aristide Sartorio. Nato a Roma da una famiglia di artisti, nonno e padre pittori e scultori originari di Novara, si formò in Accademia, ma fu in gran parte autodidatta e influenzato dai viaggi in Europa. Attivo anche nella critica d’arte con Cronache bizantine, fu amico di Gabriele D’Annunzio per il quale illustrò nel 1886, il romanzo Isotta Guttadauro.
Il vate lo definì “Unico e grande per il suo eccesso di lavoro, per passione di bellezza, per impazienza di creazione.” Fu infatti molto versatile, ma è scarsamente trattato nei libri di storia dell’arte, poichè fu marchiato dalla sua adesione nel 1925 al “Manifesto degli intellettuali del Fascismo”. E’ conosciuto anche per aver realizzato un’importante commissione tra il 1908 e il 1912, ossia la decorazione dell’Aula della Camera dei deputati a Montecitorio con la Storia d’Italia dai Comuni al Risorgimento.
Se vuoi trascorrere una domenica alla Galleria Nazionale d’Arte Moderna potrai ammirare La Gorgone e gli Eroi, che andremo ora ad analizzare.
Giulio Aristide Sartorio e la sua Gorgone che calpesta gli eroi
Il quadro fu esposto per la prima volta in un dittico con Diana di Efeso e gli schiavi nel 1897 alla Biennale di Venezia. Opera prevalentemente legata al mito e alla classicità è in realtà molto complessa, racchiude un intenso periodo di frequentazioni, suggestioni e studi.
L’opera si colloca in un periodo in cui prevaleva in pittura e nella altre arti una tendenza realista che si ispirava alla corrente letteraria di Zola, Flaubert, Verga e Capuana. La sua opera Malaria del 1882 era infatti più vicina a questa corrente. Ma dal 1895 al 1900 l’artista viaggiò in Inghilterra e Germania, entrò in contatto con i Pre-raffaelliti ed ottenne una cattedra a Weimar, conobbe Nietzsche e i simbolisti tedeschi.
Il Simbolismo nacque in Francia il 18 settembre 1886 con Il Manifesto Simbolista pubblicato da Jean Moreas in contrapposizione alla razionalità delle correnti realiste. Scopo del Simbolismo è andare oltre l’apparenza e penetrare nell’essenza della realtà che non si percepisce con dei dati puramente oggettivi, ma con l’anima. Pertanto il movimento attinge ai mondi della religione, della mitologia e del sogno. In letteratura i suoi massimi esponenti sono Edgar Allan Poe, Baudelaire, Rimbaud, Verlaine, Mallarmé. In pittura abbiamo Gustave Moreau, Dante Gabriel Rossetti tra i Preraffaelliti e in Austria Klimt per il quadro Pallade Atena del 1898.
Nel 1893, prima di intraprendere questo viaggio, Giulio Aristide Sartorio aveva aderito al gruppo del romano Nino Costa “In arte Libertas”, il quale pur aderendo al realismo lo rielabora in senso ideale. Dal 1852 dipingeva infatti i paesaggi delle campagne romane dal vero e poi trovava il modo per rimodellare la realtà in funzione di un sentimento: “Il vero non dice nulla se non si è veduto attraverso il sentimento del pensiero”. Se osserviamo nell’opera La Gorgone e gli Eroi, il personaggio di Medusa somiglia nella postura e nel disegno alla Ninfa di Fointainebleau di Nino Costa, conservato a Roma nella Galleria Comunale d’Arte Moderna, ma si arricchisce di tutte le sfumature e la complessità del mito delle Gorgoni.
Le Gorgoni erano figure mitologiche mostruose figlie di Forco e Ceto. Esse vivevano in prossimità del Regno dei morti. Venivano descritte con capelli a forma di serpenti, ali d’oro e mani di bronzo. Avevamo il potere di pietrificare coloro che osavano incrociare il loro sguardo e fissarle. Varie versioni sono state date di questo mito, in particolar modo sulla figura di Medusa. In origine le tre erano bellissime ed erano celebri per le folte chiome. Ma Medusa osò sfidare la dea Atena che trasformò in serpenti i suoi capelli.
Nell’opera di Giulio Aristide Sartorio, Medusa viene rappresentata nella sua massima bellezza, ma nell’atto di calpestare uno degli uomini dormienti e nel momento esatto in cui una ciocca di capelli comincia a prendere la forma di serpente. Questo perchè l’artista, come egli stesso afferma, vuole rappresentare la Bellezza della Gorgone come una “bellezza fatale e ammaliatrice” per mettere in evidenza “due aspetti della profonda vanità dell’esistenza umana“. Gli uomini dormienti che rappresentano le razze umane hanno dei simboli di forza, ossia la corona, il randello e i serpenti.
Su Deartibus.it si parla dell’intenzione del poeta Diego Angeli di scrivere un poema sul sogno. I versi avrebbero dovuto dialogare con le immagini del dittico di Sartorio. Pertanto i temi portanti di questa ispirazione erano la Bellezza indifferente e distruttrice. Sartorio per la tematica del sogno si ispira a Gustave Moreau, per i corpi e la statuaria classica a Michelangelo e anche per la bellezza fugace dell’attimo in cui immortala la trasformazione di Medusa.
Nelle intenzioni del pittore non mancano i riferimenti a Shakespeare e a D’Annunzio: “Gli uomini sono fatti della sostanza medesima dei loro sogni”. Il tema è suggerito da La Tempesta di Shakespeare e citato da D’Annunzio in un passo de “Il trionfo de la morte”.
Pertanto il rifugiarsi dell’artista in un mito pieno di sfaccettature come quello delle Gorgoni, che in un attimo annientano ogni ambizione e ogni vanità, rappresenta pienamente la delusione politica di Sartorio e degli intellettuali dell’epoca.