La statua della “Dea Madre” è in viaggio verso l’Iraq, la sua terra d’origine. Il 23 luglio c’è stata una cerimonia di restituzione della statua presso la sede del Ministero per i Beni e le attività culturali e per il Turismo, alla quale erano presenti il Ministro Dario Franceschini, il Comandante dei Carabinieri per la tutela del Patrimonio Culturale, Roberto Riccardi, l’ambasciatrice irachena Safia Thaleb Al-Souhail.
E’ stata quindi una giornata significativa sia per l’Italia, sia per l’Iraq che hanno in comune un antichissimo patrimonio archeologico, e l’Iraq è in particolar modo depositaria di tutte quelle tracce dell’antica Mesopotamia, una delle più fiorenti civiltà del passato. Quella gloriosa “Terra tra due fiumi”, che tanto ha tramandato ai posteri.
Si rafforzeranno pertanto gli accordi tra Italia e Iraq per combattere il traffico clandestino delle opere d’arte. Questo è quanto dichiara il ministro Franceschini:
“E’ una giornata significativa che rafforza la storica collaborazione tra l’Italia e l’Iraq in materia di tutela e protezione del patrimonio culturale e che avremo modo ulteriormente di intensificare con la firma del Memorandum sulla cooperazione culturale e sul contrasto al traffico illecito dei beni culturali a cui stiamo lavorando e che vogliamo allargare ai settori della contemporaneità e allo scambio tra artisti e nuove generazioni di studiosi. L’Italia e l’Iraq hanno un grande passato comune e un grande futuro”
Cerimonia per la restituzione della Statua della Dea Madre. (Fonte dell’immagine Ansa)
Statua della Dea Madre, Iraq
La “Dea madre” che risale al 4500 a.C, è stata recuperata dal Nucleo dei Carabinieri per la tutela del Patrimonio Culturale di Udine. E’ un manufatto di piccole dimensioni (9×3) ed era stato individuato dai Carabinieri attraverso un’operazione di monitoraggio sul web. La foto della piccola scultura era stata inserita su una piattaforma commerciale on-line.
Dopo aver effettuato il sequestro del bene, la piccola scultura in terracotta è stata analizzata dal Dipartimento di Studi Umanistici e del Patrimonio Culturale dell’Università degli Studi di Udine che ha confermato l’origine mesopotamica e l’appartenenza alla cultura Halaf.
Statuetta recuperata Fonte ANSA/ANGELO CARCONI
L’archetipo della Dea Madre
Jung si è occupato dell’archetipo della grande madre, come una forza primordiale e indistinta che riunisce in se’ caratteristiche anche ambivalenti, per cui la Grande madre è vita, protezione, nutrimento, ma anche mistero, tenebra, morte. I manufatti risalenti all’epoca dell’Homo sapiens sono infatti collegati al principio della “Madre unica” e risultano assenti modelli maschili.
Ciò è collegato alla fase della Preistoria, per cui si ignoravano i meccanismi della riproduzione e la madre che generava era vista come un elemento potente, miracoloso e divino. La figura del Dio Maschio è arrivata solo dal 3000 a.C e da allora la divinità femminile è stata relegata al ruolo di comprimaria e sono nate le società patriarcali.
Molti reperti archeologici trovati dal 30.000 A.c. riproducono la forma femminile, tra questi troviamo il Vaso e l’Uroboro.
Vaso con forma di Dea madre
Il vaso riproduce esattamente la forma del corpo femminile e ha la funzione di proteggere e contenere. L’uroboro è un serpente che si morde la coda e che simbolicamente si toglie la vita e si rigenera. Se ci pensi caro Icrewer, la donna quando diventa madre subisce una metamorfosi. Abbandona la ragazza relegata all’unica dimensione di figlia e diventa donna con un’altra caratteristica in più. Il corpo e la mente subiscono una metamorfosi in un misterioso e affascinante cerchio di morti e rinascite. Come il serpente la donna cambia pelle.
L’archeologa Marija Gimbutas è stata una studiosa dell’archetipo della Grande madre e nel suo libro Il linguaggio della Dea (1989) ipotizza che le numerose statuette raffiguranti il mito della Grande Madre testimoniano la presenza in passato di una società matriarcale ed egualitaria che precedeva la cultura indoeuropea.
Dea Madre Malta
Tra il 4300 e il 2800 a.C, la società diventò Patrilineare e Androcratica. Il testo della Gimbutas spaccò il mondo accademico, ma certamente contribuì a mantenere vivo il dibattito sull’espressione artistica come testimonianza di una civiltà.
Dea in trono Bulgaria
Caro Icrewer, spero che la vicenda di questa importante restituzione abbia acceso il tuo interesse sugli archetipi e sulle antiche civiltà.