Medusa, la terrificante Gorgone dell’antico mito greco, oggi si trova trionfante a New York City, tenendo in mano la testa decapitata del suo uccisore, Perseo. Una scultura in bronzo di oltre due metri d’altezza dell’artista italo-argentino Luciano Garbati. L’opera raffigura la Gorgone che tiene tra le mani la testa mozzata di Perseo, e il titolo non poteva che essere Medusa With the Head of Perseus.
Medusa With the Head of Perseus
L’opera di Luciano Garbati è stata esposta in questi giorni nel parco proprio a ridosso della New York County Criminal Court, tribunale diventato uno dei luoghi simbolici del movimento #metoo e nel quale sono stati processati diversi casi di abusi di alto profilo, come quello dell’ex produttore cinematografico Harvey Weinstein.
L’artista italo-argentino ha realizzato l’opera nel 2008, ribaltando il mito con una vittoria di Medusa su Perseo. L’esposizione di questi giorni ha trovato una nuova popolarità e un nuovo significato come rappresentazione della rabbia femminile. La moderna Medusa richiama l’opera manierista di Benvenuto Cellini, in piazza della Signoria a Firenze, Perseo con la testa di Medusa.
L’opera del Cellini è stata commissionata da Cosimo I de’ Medici, dopo il suo insediamento come Duca della città, realizzata tra il 1545 e il 1554. Il Perseo ha anche un significato politico, rappresenta infatti l’affermazione del Duca che dà un “taglio” alle esperienze repubblicane, rappresentate da Medusa. Dal corpo di Medusa escono infatti i serpenti, allusione alle proverbiali discordie cittadine che avevano da sempre minato una vera democrazia.
L’opera di Garbati mostra una donna sicura, che ha avuto la forza di denunciare e far tacere per sempre le ingiustizie subite.
Il mito dall’antica Grecia ai giorni nostri
Diversi sono i miti che ruotano intoro alla figura di Medusa, ma in tutti la sorte della Gorgone è sempre la stessa: decapitata da Perseo.
Secondo Esiodo (Teogonia), Eschilo (Prometeo incatenato), Pausania e Nonno (Dionysiaca), era una Gorgone, figlia del dio marino Forco e secondo Esiodo e Apollodoro aveva per madre la sorella di quest’ultimo, Ceto. Secondo altri autori, Ovidio, Apollodoro ed Esiodo, era invece in origine una donna bellissima: a mutarla in mostro sarebbe stata la dea Atena, come punizione per aver giaciuto con il dio Poseidone o per essere stata violentata da quest’ultimo, in uno dei suoi templi; secondo altre versioni ancora, Atena era avversa a Medusa perché quest’ultima aveva osato competere con lei in bellezza.
Luciano Garbati ha trovato ispirazione nel mito che vede Medusa, giovane e bellissima donna, prima violentata da Poseidone, poi punita da Atena, e infine giustiziata da Perseo. Ma, Garbati ha dato voce ad una Medusa colpevole di essere donna, donna che non ha avuto modo di difendersi e che la stessa giustizia, attuata da Atena e Perseo, l’ha violentata ancora una volta.
L’artista l’ha rappresentata come una donna forte e tenace che ha avuto il coraggio di ribellarsi alle oppressioni che si perpetuano a discapito delle donne.
Ponendo la statua in un luogo simbolico per testimoniare la forza della sopravvivenza, in particolare di tutte quelle donne che hanno subito abusi. La sorge fieramente al Manhattan’s Collect Pond Park, proprio di fronte al tribunale newyorkese che ha condannato per stupro Harvey Weinstein.
Weinstein, l’ex re di Hollywood che usava la sua posizione per abusare di donne che volevano fare carriera nel mondo del cinema, è stato condannato a 23 anni con le accuse di stupro e altri crimini sessuali.
Le critiche alla statua e a Luciano Garbati
Come ogni opera nata per tutelare un interesse o un bene socio-politico, in questo caso la tutela della donna contro gli abusi, scaturisce anche delle critiche. Nel caso di quest’opera, la critica si scaglia in difesa di Perseo. Perché decapitare Perseo, se il vero violentatore è stato Poseidone? Perché rappresentare una donna europea, quando il movimento #Metoo è partito grazie all’attivista nera Tarana Burke?
La risposta dell’artista è che l’opera, che fu concepita nell’ambito del progetto MWTH della fotografa Bek Anderson, faceva parte di una rilettura degli immaginari classici. In particolare Garbati si è occupato della reinterpretazione della Medusa di Cellini, inserendo il suo autoritratto al posto della testa di Perseo.
Secondo molti, come si legge dal New York Times, se l’intenzione era di denunciare lo stupro e le violenze, sarebbe stato opportuno rappresentare la testa di Poseidone e non quella di Perseo.
Secondo me, la testa di Perseo potrebbe essere il simbolo di tutte le aule di tribunale dove sono stati assolti per anni, violentatori e stupratori. Perseo è il simbolo di una giustizia e di una società ancora troppo maschilista, ma che vede un capovolgersi della situazione. Adesso è Medusa che riesce ad avere la meglio nelle aule dei tribunali e riesce a sconfiggere la violenza inconcepibile di uomini che credono di essere proprietari di corpi e di anime che non gli appartengono.
Bellissimo articolo! La Medusa di Garbati è perfetta così: la notorietà dell’opera storica di Cellini le dona una forza aggiuntiva, che va a rinforzare il messaggio dell’autore in difesa delle donne. Non credo che usare la testa di Poseidone avrebbe avuto lo stesso impatto.