Nel mare che bagna il Capo di Leuca, là dove l’Adriatico incontra lo Ionio, è riemerso un frammento di bronzo che potrebbe cambiare ciò che sappiamo sulla Puglia antica. Un ritrovamento raro, forse parte di una statua maschile di grandi dimensioni, riaccende l’interesse per un tratto di costa noto agli archeologi da decenni, ma ancora pieno di segreti.
Il mare restituisce la memoria: cosa è stato trovato al largo di Leuca
Il 19 giugno 2025, durante una campagna di studi condotta dal Dipartimento di Beni Culturali dell’Università del Salento, è stato recuperato un frammento bronzeo dal tratto di costa tra Santa Maria di Leuca e Marina di Novaglie, in provincia di Lecce. La scoperta, effettuata in collaborazione con la Guardia Costiera e sotto la supervisione della Soprintendenza, riguarda un pezzo di statua alto oltre un metro, largo circa 65 cm.
Le incrostazioni marine ne nascondono in parte i dettagli, ma la forma, le proporzioni e le prime analisi fanno pensare a un torso maschile scolpito a grandezza superiore al naturale, parte di una statua bronzea più ampia e raffinata. Non è tutto: accanto a questo frammento principale, sono stati trovati anche altri piccoli pezzi, tra cui quello che sembra un panneggio, dettaglio non secondario che suggerisce un’opera di grande qualità artistica.
Perché è una scoperta importante

Questa non è solo l’ennesima bella storia di archeologia subacquea. Il tratto di mare tra Leuca e Novaglie è noto da oltre trent’anni agli studiosi per la presenza di numerosi reperti in bronzo, oggi in parte conservati al Museo Archeologico di Brindisi. Ma ogni nuovo recupero getta luce su ciò che ancora resta sommerso, e questa nuova scoperta pare destinata ad aggiungere un tassello cruciale alla mappa artistica e culturale dell’antichità pugliese.
L’ipotesi che si tratti di un’opera originale, e non di una copia romana, resta aperta e sarà oggetto di indagini future. Fondamentali saranno le analisi post-desalinizzazione: solo allora sarà possibile datare con precisione il reperto e provare a identificarne la provenienza culturale, forse greca, forse italica. Intanto, gli archeologi sottolineano l’eccezionalità di trovare un bronzo di tali dimensioni e raffinatezza in ambiente subacqueo.
Il Salento e i suoi fondali: un museo invisibile
Quella del Salento è una delle coste più affascinanti del Mediterraneo, ma anche una delle più cariche di storie non raccontate. Per secoli, queste acque sono state crocevia di rotte commerciali, passaggi di eserciti, viaggi di mercanti e traffici artistici. Il mare ha nascosto e protetto testimonianze preziose, spesso sfuggite al tempo e alle guerre. Oggi, ogni nuova immersione può diventare una pagina di storia riemersa dal silenzio.
Non è un caso che proprio qui l’Università del Salento abbia sviluppato, in collaborazione con le autorità, un programma strutturato di archeologia subacquea che prosegue da anni. I risultati di questa attività non sono solo scientifici, ma culturali, identitari, quasi politici: riappropriarsi di ciò che il mare ha conservato è anche un modo per capire meglio chi siamo.
E ora? Cosa succederà al frammento bronzeo
Il torso sarà ora sottoposto a un lungo e delicato processo di desalinizzazione, necessario per stabilizzare il metallo e impedire la corrosione. Solo dopo questo trattamento si potrà passare a indagini diagnostiche avanzate: tomografie, analisi dei metalli, ricostruzioni 3D, e forse confronti con statue simili note in collezioni pubbliche e private.
La speranza è che il reperto possa essere presto esposto al pubblico, magari proprio in Puglia, con un allestimento che racconti non solo l’opera, ma anche il viaggio che l’ha riportata alla luce. Perché in fondo, ogni frammento come questo ci parla due volte: di ciò che era, e di come lo abbiamo ritrovato.
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Questa è la forza dell’archeologia mediterranea: è viva, concreta, piena di scoperte che ci riguardano da vicino. E tu, avevi mai pensato che sotto la superficie del nostro mare potessero dormire statue pronte a raccontare storie di secoli passati?
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